Missioni Consolata - Aprile 2012

17); allo stesso modo il vangelo di Giovanni comincia contemplando il «principio» del Lògos che a Cana compie «il principio dei segni» con cui «manifestò la sua gloria» (Gv 2,11). A CANA È DATA LA NUOVA TORÀH CHE È IL VANGELO Il rapporto tra la creazione, il Sinai e le sei giare è dato anche dal fatto che Adam è stato creato nel sesto giorno, ma sullo sfondo del giardino di Eden di cui po- teva mangiare i frutti «di tutti gli alberi» (Gen 2,16); il monte Sinai è equiparato a un albero di melo che pro- duce mele che sono le singole parole della Toràh , come insegna il Targum di Ct 2,3. Dove il testo ebraico dice: «Come un melo tra gli alberi del bosco, così l'a- mato mio tra i giovani. Alla sua ombra desiderata mi siedo, è dolce il suo frutto al mio palato», il Targum traduce: «Come il melo, bello e pregiato fra quegli al- beri che producono frutti, è da tutti elogiato e predi- letto, così il Sovrano dell’universo fu lodato dalle Creature celesti quando si rivelò sul monte Sinai, quando dette la Toràh al suo popolo. Allora ardente- mente desiderai di rimanere sotto l’ombra della sua Shekinàh , perché i precetti della sua Toràh erano come profumo al mio palato». Il Liber Antiquitatum Biblicarum 11,15 (SC 229,124, 230,113), attribuito allo (Pseudo) Filone, paragona l’albero della vita piantato al centro dell’Eden alla Toràh che Dio dona a Israele sul monte Sinai per mezzo di Mosè. In conclusione, potremmo dire che le «sei giare» (come la madre in Gv 2,1) sono il simbolo del tempo prima di Cristo e ciascuna delle sei giare rappresenta una delle sei epoche che lo compongono fino ad arri- vare al Sinai, dove inizia il tempo nuovo con il dono della Toràh . Poiché ogni giara contiene «2 / 3» metrète, la cui mol- tiplicazione dà sempre «sei», significa che ogni epoca tendeva naturalmente a Cristo, come la stessa Toràh è protesa verso la sua pienezza che è il Messia Gesù di Nàzaret. Tutte le «sei giare», infatti, sono di pietra (lo stesso materiale delle tavole) e sono giacenti per terra, in at- tesa del tempo nuovo, della nuova Alleanza (pronte per la purificazione). In Giovanni 1,17 l’autore ci aveva preavvertito: «La Legge/ Toràh fu data per mezzo di Mosè; ma la grazia della verità venne per mezzo di Gesù Cristo». È in questa prospettiva che Paolo, ap- plicando l’esegesi giudaica, nel com- mento a Gen 12,7, può dire: «Ora è appunto ad Abramo e alla sua di- scendenza che furono fatte le pro- messe. Non dice la Scrittura: “E ai discendenti”, come se si trattasse di molti, ma: E alla tua discen- denza , come a uno solo, cioè Cristo». È il discendente di Abramo, anticipato nella Toràh del Sinai, che ora si rivela a Cana per annunciare la nuova Toràh , cioè il suo Vangelo, sulla cui stabilità è fondata la nuova alleanza, qui rappresen- tata dalle nozze di due anonimi sposi. ( 30 – continua ) 2x3 = 6. Tutto ruota attorno a questo numero che sin- tetizza molti pensieri e riflessioni nel mondo giudaico e cristiano. In questo senso la creazione doveva avve- nire in «sei giorni» perché questo numero è il primo numero perfetto, in quanto esprime il senso profondo di tutta la creazione che nasce dal congiungimento di maschio e femmina (Gen 1,27; cf Filone, De opificio Mundi , 13; Legum allegoriae I,3). IL NUMERO «SEI» È IL SIMBOLO DEI GIUSTI Il Targum Ct 5,15 aggiunge un elemento importante. Descrivendo il corpo dell’innamorato, l’autore del Cantico dei cantici dice: «Le sue gambe, colonne di marmo (ebraico: shèsh ), posate su basi d’oro puro». Poiché in ebraico il numero sei è « shèsh », il Targum così traduce: «E i giusti sono le colonne del mondo posate su basi d’oro puro: sono infatti i precetti della Legge che studiano» (cf anche i Midràshim Nm Rabbàh 10,1 a 6,2 e Ct Rabbàh 5,15.1). In ebraico dun- que la stessa parola « shèsh » significa tanto «sei» (numero) quanto «marmo», che il Targum identifica con il «mondo», sorretto dalle colonne del Cantico dei cantici che sono i giusti: essi, infatti, stanno solidi sui precetti della Toràh , che è pertanto il fondamento del mondo intero. Una tradizione giudaica attestata nel Talmud ( Sanhe- drin 97a-b; Souk 45b) afferma che ogni generazione è tenuta in piedi da «36» giusti, i cui meriti, a loro insa- puta, garantiscono la Shekinàh sulla terra; anzi la presenza di un solo giusto garantisce la sopravvivenza del mondo ( TB,Yoma 38b). Mettendo insieme queste reminiscenze, vediamo al- lora che le «sei giare» di Cana richiamano la Toràh del Sinai come fondamento del mondo e la giustizia dei giusti che sorgono come conseguenza dell’osser- vanza dei comandamenti del Signore e che ne garan- tiscono la sopravvivenza. Poiché uno dei giusti che sorreggono le sorti del mondo è il Messia, la presenza di Gesù a Cana è la garanzia che la nuova alleanza poggia sulla solida colonna della sua persona e del suo messaggio. I giusti sono le colonne di «marmo» ( Targum CT ) come le giare sono «di pietra», sempre pronte a purificare la sposa/Israele prima di presen- tarsi al cospetto del suo Sposo/Signore. Il numero «sei», collegandosi ai «sei giorni» del Sinai, sempre secondo Filone ( Questiones in Exodum II,46), è anche il simbolo dell’elezione di Israele, popolo dell’alleanza, quell’al- leanza che ora Gesù manifesta a Cana. L’elezione d’Israele è considerata come una seconda creazione, perché lo statuto della prima fu distrutto da Adam, mentre al Sinai Israele riceve un nuovo ordine e una nuova iden- tità, espressi nella Toràh , cioè sulla volontà proclamata e scritta di Dio. Non è un caso che la risposta d’Israele sia: «Fa- remo e ubbidiremo quanto il Signore ha detto» (Es 24,7), perché al Sinai ha origine «il principio» d’Israele, come nella Genesi è «il principio» delle acque e della terra (Gen 1,1). Sul monte Sinai apparve «la gloria del Signore» (Es 24,16- 32 MC APRILE 2012 Così sta scritto

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