Missioni Consolata - Marzo 2012

I problemi sono tanti, comun- que, a partire dai servizi e dalle infrastrutture. «Sì, la fornitura di elettricità e acqua dipende da società pub- bliche che servono anche la no- stra zona, ma la distribuzione è poco costante sia nelle quantità che nei tempi. A livello di servizi educativi la si- tuazione è molto problematica. Il 47% dei ragazzi in età scolare non ha la possibilità di andare a scuola: le famiglie non possono permettersi di pagare le rette per tutti i figli - di solito sono sette o otto - perciò ne fanno studiare solo alcuni. Chi patisce di più questa esclusione sono le ragazze, perché spesso le fami- glie preferiscono far studiare i maschi, considerati il futuro ful- cro della famiglia africana. Ep- pure, a ben guardare, sono pro- prio le donne con la loro “econo- mia sommersa” a far quadrare il bilancio familiare». Come nasce il progetto di em- powerment delle donne? «Per andare incontro a queste ragazze che non hanno potuto studiare, per poter fornire loro una dignità derivante dal saper leggere e scrivere e per permet- tere loro di “avere in mano un mestiere” con cui provvedere ai propri bisogni immediati - si pensi ai corsi di sartoria: anche il semplice saper riparare gli abiti dei familiari è già un risul- tato - e trarre da questo me- stiere il proprio sostentamento. Oltre ai corsi di sartoria ce ne sono altri, ad esempio quelli di estetica o quelli di informatica». Come si promuove l’inseri- mento delle donne nel mondo del lavoro? «Attraverso un programma di microcredito, che permette loro di avere un capitale iniziale per S i conclude in questo mese il progetto empowerment delle donne vulnerabili e delle ragazze madri in due città, Kinshasa e Isiro, finanziato per metà con i fondi della coopera- zione decentrata del comune di Roma (vedi MC ottobre 2011). Un botta e risposta sul progetto con padre Santino Zanchetta, re- sponsabile della parte di pro- getto eseguito a Kinshasa. Padre Santino, lei lavora a Saint Hilaire , un quartiere di Kinshasa, che lei ama definire «una perife- ria a misura d'uomo». Che cosa intende con questa espressione? «Intendo che non si tratta della periferia tipica dei paesi poveri, con case accatastate le une sulle altre. È un quartiere den- samente abitato, questo sì: solo la nostra parrocchia conta venti- novemila persone, inserite in un comune di oltre un milione e seicentomila abitanti. La ge- stione degli spazi, però è di- versa: è lo Stato stesso che de- stina appezzamenti di terreno di diciotto per diciotto metri, che diventano il cortile dove si può costruire un'abitazione e vivere insieme alla propria famiglia con una certa autonomia». cominciare un'attività e di abi- tuarsi all'idea e alla pratica del risparmio. Ogni donna riceve una somma pari a centoventi euro che deve utilizzare per av- viare un'attività e restituire, en- tro una determinata scadenza, maggiorata di un piccolo inte- resse, in modo che il comitato gestionale del progetto possa utilizzare questa maggiorazione per aprire il microcredito a ulte- riori donne». Le donne sono organizzate in una cooperativa? «Sono organizzate in piccoli gruppi che funzionano in modo molto simile a una cooperativa, ma in certi paesi - e il Congo è uno di questi - ottenere il rico- noscimento formale come im- presa cooperativa richiede un iter burocratico lungo e com- plesso». Può citare un esempio di suc- cesso del progetto? «Il primo che mi viene in mente è quello di Matondo, una donna giovane ma già vedova, che ha otto figli. Due delle figlie, di di- ciotto e sedici anni, hanno preso parte ai nostri corsi e ora, oltre a lavorare negli atelier per il con- fezionamento di abiti, hanno aperto un chioschetto per strada dove vendono beni di prima ne- cessità come zucchero, tè, pane, latte, caffè. Grazie a questa atti- vità, hanno potuto far studiare altre due sorelle, di otto e undici anni, pagando autonomamente le rette scolastiche. Questo è solo un esempio, ce ne sareb- bero molti altri». Chiara Giovetti MARZO 2012 MC 75 MC RUBRICHE DONNE EMICROCREDITO CONGO RD: UN PROGETTO AL FEMMINILE © Olivier 2010

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