Missioni Consolata - Marzo 2012

MARZO 2012 MC 71 N el nostro paese i giovani sono un problema: senza lavoro, con poca istruzione, a carico della famiglia, privi di un avvenire. La disoccupazione giovanile ri- guarda il 30,1% di uomini e donne tra i 18 e i 30 anni. Da uno studio della Ue siamo lo stato europeo con il più alto differenziale tra occupa- zione adulta e occupazione giova- nile, dei 2 milioni e 150 mila disoc- cupati conteggiati in Italia, la mag- gior parte sono giovani. Anche quando trovano un’occupa- zione, i giovani sono pagati poco e hanno meno tutele, spesso sono oggetto di nuove forme di sfrutta- mento, più subdole di quelle che dovette affrontare la classe ope- raia nel Novecento, molti di loro non hanno coscienza dei propri di- ritti, non vedono nel sindacato un presidio in grado di tutelarli ma, paradossalmente, un pericolo che può mettere a repentaglio la loro posizione. Anche i «fortunati» che hanno lau- rea e master sono costretti ad ac- cettare un lavoro precario che non rappresenta la «gavetta», ma una condizione di sotto inquadramento che dura anni e che non ha prospet- tive di carriera. Poi ci sono i Neets ( Not in Educa- tion, Employment or Training ) i gio- vani che non lavorano e non stu- diano, un fenomeno recente che si sta allargando nei principali paesi industrializzati, dal Regno Unito al Giappone, investendo persino la Cina. Secondo l’Istat i Neets in Italia sono oltre 2 milioni, il 25,9% delle persone sotto i 29 anni, quasi il dop- pio della media europea. Hanno ab- bandonato gli studi, affascinati dal- l’idea di guadagnare per soddisfare i desideri di oggi senza aspettare le incertezze del domani; la scuola li ha lasciati andare per miopia e per mancanza di risorse, così ingros- sano le fila delle agenzie interinali e si ritrovano sulle panchine dei par- chi come vecchi senza futuro. Il risvolto sociale di questa situa- zione è sotto gli occhi di tutti: gio- vani che pesano fino a 35 anni sul bilancio della famiglia di origine. Ma cosa succederà quando i geni- tori lavoratori o i nonni pensionati non ci saranno più? Come faranno questi giovani a far studiare i loro fi- gli, a curarsi quando saranno ma- lati, a pagarsi l’assistenza quando saranno anziani? Andiamo verso un conflitto tra ge- nerazioni per la spartizione del la- voro e del poco welfare rimasto. Senza un’azione di inclusione ed equità sociale che punti a conci- liare i diversi interessi tutto sarà oggetto di conflitto, non solo il la- voro, ma i servizi, le abitazioni, i negozi, gli spazi. Non possiamo rassegnarci a que- sta prospettiva, occorre ripartire e ricostruire. Se c’è una cosa che la crisi ci ha insegnato è la vacuità dell’individualismo: non è vero che bisogna arrangiarsi, che ci si salva da soli, una bufera come quella che ha investito l’economia negli ultimi due anni spazza via anche quelli che ce l’avevano fatta. Dopo la sbornia neoliberista, eco- nomisti e politici si affannano a tro- vare altre ricette, riaggiustando conti e idee, ma senza il coraggio del nuovo. Questo coraggio non ap- partiene agli adulti, ancorati a vec- chie mentalità e a visioni superate, può venire solo dai giovani, sono loro che possono portare energia vi- tale nella società e innescare un vero cambiamento. Occorre dare loro spazio non solo nei movimenti e nelle manifesta- zioni di protesta, ma ai tavoli della politica e nei centri della cultura. Spesso non si affacciano in questi luoghi perché sanno di non ricevere ascolto e perché rifuggono i territori degli adulti, bisogna andarli a cer- care, tirarli via dall’isolamento e convincerli che la via d’uscita è nello stare insieme, nell’impegno comune. Per tanti giovani rassegnati altret- tanti reagiscono, si indignano e si impegnano, proprio come abbiamo fatto noi, nei tempi andati. Loro hanno una qualità in più: la coe- renza tra comportamenti pubblici e comportamenti privati; il convinci- mento che il mutamento deve avve- nire su due piani, quello collettivo e quello individuale, incarnano l’idea che la responsabilità è di tutti e a ognuno spetti un ruolo. Un approccio fresco che rinnova e reinterpreta l’idea di democrazia: non più un esercizio passivo che de- lega tutte le scelte a governi e isti- tuzioni, ma partecipazione in prima persona. Spetta ancora una volta alla politica intercettare questo cambio di pen- siero e tradurlo in forme nuove di rappresentanza. Solo così si po- tranno affrontare e magari risolvere gli enormi problemi che abbiamo addossato ai nostri figli e nipoti. VOGLIA DI NUOVO In Italia la disoccupazione giovanile è la più alta d’Europa. Si va verso un conflitto generazionale. Ma solo i giovani avranno il coraggio di cambiare. Eticamente di Sabina Siniscalchi, Fondazione Culturale Responsabilità Etica PERSONA, ECONOMIA, FINANZA MC RUBRICHE

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