Missioni Consolata - Marzo 2012
al cambiamento, questa volta definitivo. Questo ci spiegano le persone con le quali parliamo. «Non sappiamo come andrà a fi- nire - ci dice un manifestante -. Il regime non molla, ma neanche noi. Da gennaio (2011, ndr ) è cambiata solo la facciata, il resto è uguale, con qualche lieve mi- glioramento». Il 25 novembre ci rechiamo nuo- vamente in piazza Tahrir. La piazza è piena di gente, di fami- glie con bambini, di ragazzini: è il nuovo Egitto che vuole nascere e vivere, senza più paura di re- pressioni e torture. Bancarelle sparse qua e là vendono «souve- nir» della rivoluzione: bandiere, T-shirt , cappelli, spille, le con- suete maschere anti-gas, kefiah , e ogni sorta di gadget che ricordi il «25 gennaio 2011». E non mancano i carretti con cibo e be- vande. Seduta per terra, contro un fur- gone, una mamma in hijab (velo islamico) e fascia tricolore egi- ziana, tiene in braccio un bimbo di pochi mesi, mentre vende braccialetti e altri oggetti. Poco dopo arriva il marito, e ci spiega che loro sono lì, tutti e tre, da mesi, per partecipare alla rivolta contro il regime (di Mubarak prima e militare dopo). Altri ragazzi si lasciano fotogra- fare davanti alle tende dei sit-in permanenti; altri, mentre suo- nano e chiacchierano su tappeti. Altri ancora sono arrampicati su pali della luce o sui leoni con oc- chi bendati del ponte di Qasr el- Nil, divenuti simbolo del «Leone d'Egitto» accecato e uscito di scena (Mubarak). È la vita quotidiana che è scesa in piazza, per chiedere giustizia e libertà, come recita il nome del partito che uscirà vincente dalle elezioni parlamentari. AVANTI, A OLTRANZA Ci avviciniamo a un'area «calda» della piazza, dove, più tardi, sa- rebbero scoppiati altri scontri tra dimostranti ed esercito, e ve- niamo bloccati a un «check- point» popolare: sono ragazzi e ragazze cordiali e pronti a dare spiegazioni sugli eventi in corso e i problemi che attraversa l'E- gitto. Uno di loro, Mustafa, un giovane ingegnere e «generale del gruppo rivoluzionario», ci racconta: «I militari se ne de- vono andare. Siamo noi a dare ordini a loro: andatevene, di- ciamo. Non sappiamo cosa suc- cederà nei prossimi mesi, ma abbiamo diversi piani. Quando arriveranno, li affronteremo a mani nude. Siamo a un punto di non ritorno: andremo avanti fino alla morte, se sarà necessario». Ahmed è uno dei tanti manife- stanti adulti. È un commer- ciante, e membro dei Fratelli Musulmani. Tutti i giorni parte- cipa alle proteste popolari: «La gente è contro l'esercito. Ci sono stati troppi morti e troppi feriti. 60 MC MARZO 2012 EGITTO # Sopra : giovani accampati in piazza Tahrir. # A fianco : donne con il burka manifestano. Non possono continuare a spa- rarci addosso. Hanno usato per- sino il gas nervino. I Fratelli Musulmani, come orga- nizzazione, sono andati poco in piazza, perché temono la pre- senza di infiltrati, di provocatori, persone ignoranti, sostenitori di Mubarak. Questi ultimi sono ben conosciuti dalla polizia, che li usa. Collaborano, creano disor- dini e forniscono alle forze mili- tari il pretesto per attaccare la folla che manifesta. Ci sono egi- ziani al soldo di Israele e degli Stati Uniti. Il regime israeliano ha paura del movimento dei Fm, perché sa che se questo vincerà le elezioni, i rapporti cambie- ranno a favore dei palestinesi. La popolazione aspetta un nuovo governo, democratico, giusto, che cambi tutto il sistema ma- lato egiziano, e che tronchi i rap- porti con Israele». ANCORA VIOLENZA La settimana che va dal 18 al 25 novembre è contrassegnata da un bilancio di vittime della vio- lenza di stato molto alto: 40 morti e migliaia di feriti. Il 21, il movimento dei Fratelli Musulmani, che si presenta alle elezioni con il Partito « Freedom and Justice , Fjp» (Giustizia e Li- bertà), diffonde un comunicato stampa in cui critica lo Scaf (Su- premo consiglio delle forze ar- mate egiziane) per gli «eventi di sangue», e chiede l’apertura di
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