Missioni Consolata - Marzo 2012

un pesante uso di lacrimogeni, e il fumo avvolge ormai tutta l’a- rea. Una moltitudine inizia a diri- gersi verso il punto di «contatto» con esercito e polizia, mentre un corteo sta già sfilando in una via laterale urlando slogan. Le forze di polizia attaccano la folla, si inizia a correre per trovare ri- paro. Questa è la realtà quasi quoti- diana del Cairo e dell’Egitto tutto. A QUANDO IL CAMBIAMENTO? La rivoluzione del 25 gennaio 2011 ha solo «tagliato la testa» al regime, senza sconfiggerlo. Il «corpo» è rimasto intatto, o quasi, e si è rafforzato. La no- menklatura militare ha il con- trollo dei settori più importanti della società: mediatico, politico ed economico. La gente continua a manifestare, a morire nelle piazze, a sparire nelle prigioni, ad essere ferita, torturata, ma non cede: è una resistenza popolare determinata MARZO 2012 MC 59 Domenica 6 febbraio, a piazza Tahrir, cristiani e musulmani si ritrovano uniti, per una preghiera interreligiosa. L'11 febbraio è il «venerdì della dipartita»: la popolazione rifiuta le of- ferte del dittatore e ne chiede con forza le dimissioni. Alle ore 18, dopo 30 anni di «presidenza», appoggiata dall'Occidente, in quanto «mode- rata e amica», e 18 giorni di braccio di ferro con la popolazione, il «Fa- raone» lascia lo scettro. Il vice, Suleiman, ne dà l'annuncio ufficiale, inca- ricando il Supremo consiglio delle forze armate egiziane (Scaf), al co- mando del maresciallo Mohamed Hussein Tantawi, di assumere il go- verno e la guida del Paese. Il popolo esulta: è la vittoria. Così, almeno, sembra in quel momento. Lo Scaf sospende la Costituzione e comunica alla nazione che manterrà il potere per sei mesi, fino a nuove elezioni. Nei giorni successivi ver- ranno arrestate figure importanti del regime appena caduto. È il 15 marzo, quando il segretario di Stato Usa Hillary Clinton fa visita all'Egitto, offrendo il sostegno americano alla «transizione verso la de- mocrazia», invitando il regime militare, che ha sostituito quello di Muba- rak, a lavorare in tal senso. Alcuni giorni dopo il palazzo del ministero dell’Interno viene dato alle fiamme. La rivoluzione non ha affatto vinto, nonostante le apparenze. Ad aprile e maggio seguiranno altre «Giornate della rabbia e della rivo- luzione», con migliaia di persone nelle piazze egiziane che protestano contro l'esercito e i suoi metodi repressivi, in favore della Costituzione e dei processi per gli assassini dei manifestanti uccisi durante le rivolte di gennaio e febbraio. Intanto Mubarak viene posto sotto processo per omicidio nei confronti di manifestanti. Anche il mese di luglio è contrassegnato da manifestazioni di piazza in tutto il Paese: la popolazione è delusa e frustrata per la piega che da mesi hanno preso gli eventi e per la rivoluzione dirottata dallo Scaf, che ha ormai pienamente clonato il passato regime. La repressione è quoti- diana. Il primo agosto, i militari si scontrano con la folla e distruggono le tende del sit-in permanente in piazza Tahrir. Decine di persone sono arrestate. Le proteste continuano anche nei giorni successivi. Il 21 agosto sarà ricordato come il giorno dell'«orgoglio» egiziano: un fa- legname, Ahmed Shehat, scala le alte pareti dell'edificio che ospita l'am- basciata israeliana al Cairo e sostituisce alla bandiera con la stella di Da- vide quella egiziana. La bandiera d'Israele viene poi bruciata. È la prote- sta popolare per gli attacchi perpetrati dall'esercito israeliano nel de- serto del Negev, il 18 agosto, che avevano portato alla morte di cinque militari egiziani. Il 9 settembre, una folla fa irruzione nella sede dell'ambasciata israe- liana: lo staff viene evacuato da commandos egiziani. I manifestanti chiedono l'espulsione dell'ambasciatore di Israele. Un mese dopo una grande protesta organizzata davanti alla sede della tv di Stato, il Maspero building , al Cairo, finisce nel sangue: 27 morti e oltre 200 feriti. Tra di essi ci sono molti egiziani copti, che manifestavano con- tro l’incendio di alcune chiese nel sud dell’Egitto. La folla chiede le di- missioni del maresciallo Tantawi e la dissoluzione dello Scaf. Altri, violenti, scontri si registrano anche nel mese di novembre, avendo come epicentro principalmente piazza Tahrir. Angela Lano # Sopra: giovane manifestante con i colori nazionali dipinti sul volto. # Pagina a fianco : la piazza Midan Tahrir a fine novembre 2011.

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