Missioni Consolata - Marzo 2012

vertire questa tendenza, e ve- dere riconosciuta a tutti la li- bertà di pensiero, di espres- sione. Al momento una vera li- bertà non c’è perché economica- mente, commercialmente, è fa- cile essere soggetti al taglio dei mezzi e delle possibilità». Rimanendo sul tema dei media accenniamo di aver sentito di un’altra legge per la quale le partite di calcio in Argentina possono essere trasmesse solo dalla televisione pubblica. Ci chiediamo se questo non sia un segno di quanto il calcio in quel paese sia vissuto come un diritto inalienabile (che quindi lo Stato deve garantire), o una religione. Il missionario prosegue la sua riflessione sulle strategie popu- liste del governo: «Anche questa è stata una mossa per assicu- rarsi la simpatia del popolo ar- gentino, sapendo che esso, come quello italiano, non può restare senza calcio. Assicurare la tra- smissione gratuita delle partite è un’azione che raccoglie il con- senso di tutti». FIGLI DELLA TERRA Una buona fetta del tempo che ci eravamo dati per la nostra chiacchierata è consumata, è ar- rivato quindi il momento di chie- dere a padre José di parlare del suo amore incondizionato per gli indigeni. In Argentina fino a tre decenni fa non c’era nemmeno la consapevolezza della pre- senza di popoli nativi all’interno dei suoi confini. Oggi questa è maggiore, benché ci sia ancora molto cammino da fare perché il mezzo milione di indigeni argen- tini, suddivisi in diversi gruppi etnici e sparsi su tutto il territo- rio nazionale, vengano percepiti come soggetti di diritti. «Dal 1990 ho avuto la grazia di vivere per 10 anni con gli indios Tobas nella colonia aborigena Chaco. Con loro ho scoperto il bisogno di vivere in una terra sentendo- mene figlio, non proprietario, ma figlio. Grazie a Dio ho potuto ac- compagnare la comunità nel cammino per il titolo comunita- rio della terra arrivato nel 1996. Nel frattempo ho collaborato an- che in altri progetti infrastruttu- rali: strade interne, centri comu- nitari, piccoli progetti di case portati avanti con il sistema del- l’aiuto vicendevole e dell’autoco- struzione, però l’asse portante della mia esperienza è sempre stato quello di tendere a essere figli, e non ospiti, della terra». Quella del Chaco è stata la prima importante tappa di innamora- mento di padre Auletta per gli indigeni. Una seconda tappa è stata quella di Oran, conclusasi pochi mesi fa, dove ha lottato ac- canto a una comunità di Tupì- Guaranì per il diritto a vivere e lavorare sulla loro terra ance- strale dalla quale erano stati sfrattati (ma in seguito riam- messi), anche violentemente, da un’azienda agroalimentare fa- 54 MC MARZO 2012 ARGENTINA # Sopra a sinistra: la comunità di Rio Branco banda sur ferma con metodi nonviolenti la distruzione delle sue piantagioni. # Qui sopra: un membro della comu- nità malmenato dalle guardie pri- vate dell’impresa. # Sotto: il saluto della comunità di Rio Branco banda norte a padre Auletta prossimo alla partenza.

RkJQdWJsaXNoZXIy NTc1MjU=