Missioni Consolata - Marzo 2012

MC STORIE E RITRATTI ALBANESI L a zona dove trovano rifugio gli zingari è la più degradata di Kombinat. Alcuni bambini giocano davanti all’uscio della loro abitazione. Inaspet- tatamente una pianta ornamentale è stata posta al- l’entrata di quel misero rifugio: il decoro di una pianta che sfida tanta miseria e degrado. Albana, la madre dei bambini, racconta che l’ha pian- tata un anno fa e adesso è cresciuta: «I fiori mi piac- ciono molto, li pianto per abbellire il posto». Ha tro- vato anche altre piante e le hanno detto che se le mette nel terreno cresceranno. Indica un ammasso di lattine che raccoglie insieme ai suoi figli per rivenderle: «Trasportiamo le lattine con la carriola, ci danno 50 lekë (40 centesimi di euro) per un chilo di lattine. Per alcuni anni sono stata senza corrente elettrica, ora grazie al permesso di una vicina mi sono potuta allacciare». Si entra in casa, una casa senza porta, attraverso un piccolo vano arredato con una fatiscente credenza sulla quale sono poggiati alcuni oggetti raccolti tra i rifiuti. Manuel, il bambino, con mossa fulminea tira via dalla stufa la coperta intrisa d’umidità: si spri- giona un odore di muffa e di bruciato insieme. Non c’è un pavimento, solo grezzo cemento; un vec- chio e liso tappeto collega l’ingresso all’unico vano, anche questo privo di porta, che funge da cucina, soggiorno e camera da letto: il letto è costituito da un divano grande e liso; l’angolo di cottura da un fornel- lino a gas con una vecchia e annerita padella. Ac- canto a esso una bottiglia d’acqua mezza vuota: le condizioni igieniche sono pessime. Inutile chiedere dov’è il bagno, è evidente che non c’è. Sul televisore c’è una foto: è il marito morto in un in- cidente d’auto 5 anni fa; da allora la sua vita già grama è diventata molto difficile: «Quando c’era lui la vita non era così, avevamo una casa in affitto, ma dopo la sua morte è tutto cambiato. Non ricevo nes- suna assistenza, perché lui lavorava in nero. I bam- bini si ammalano spesso perché c’è acqua dentro e fuori la casa. Non so per quanto tempo resterò qua. Finché non arriverà qualcuno a buttarmi fuori. Il proprietario di questo posto vive in Grecia, è una persona della nostra razza; prima di trasfe- rirsi in Grecia mi disse che avrei potuto oc- cupare questo luogo, ma quando tornerà me ne dovrò andare». Albana ha quattro figli: la più grande di 18 anni è già sposata e aspetta un figlio; la seconda ha 15 anni, Ma- nuel 10 e Anisa 9. Un’altra figlia, nata dopo la scom- parsa del marito, è morta di stenti: «Quando è morto mio marito ero incinta, mi hanno portata in ospedale dove è nata la bambina, poi non potevo pagare l’af- fitto e ho dovuto lasciare la casa e la bambina che oggi avrebbe avuto 5 anni non è riuscita a sopportare queste condizioni di vita ed è morta». La donna prima abitava a Lapraka, un’altra zona di Tirana; il marito faceva vari mestieri, il lustrascarpe, il venditore di stracci, il guardiano notturno e veniva pagato in nero. Alla morte del marito il municipio di Lapraka le ha dato 5.000 lekë (quasi 40 euro) per tre mesi perché il suo era un «caso speciale»; in seguito per due mesi 2.000 lekë e infine più niente, perché, le hanno detto, non c’erano più soldi: «Non era più pos- STORIE NEGATE DI MINORANZE ETNICHE VITA DA GABEL DI F EDERICO G ALLAS I Gabel sono i rom di Albania, una minoranza etnica che subisce molte discriminazioni e la maggior parte di loro vive in estrema povertà. Uno zampognaro si esibisce in una piazza di Tirana. © Claudia Caramanti

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