Missioni Consolata - Marzo 2012
MC STORIE E RITRATTI ALBANESI per motivi economici e politici, eppure restavo im- pressionato dal fatto che la maggior parte dei conta- dini erano molto intelligenti per natura. Una volta andai a comperare il cemento in una fab- brica. L’amministratore era andato a scuola, mentre un suo dipendente che pesava il cemento non aveva alcuna istruzione. Quando si trattò di fare il calcolo, il dipendente fu più svelto dell’amministratore. Come individui noi eravamo intelligenti, era la povertà che ci rendeva sottomessi. La scuola aveva solo due stanze: una serviva da aula scolastica, nell’altra dormiva l’insegnante. Un solo maestro gestiva contemporaneamente quattro classi, disposte in quattro file di sedie; le lezioni si te- D all’infanzia ho imparato che un uomo non si deve arrendere davanti alle diffi- coltà. Mio padre si è sposato all’età di 17 anni con mia madre Fanie; abitavano in case vicine: il padre di mia madre ha combinato il matrimonio, mentre il nonno paterno era l’unico contrario: lui non voleva quell’unione, ma alla fine accettò, convinto dagli altri, anche a causa della religione ortodossa alla quale ap- partenevano tutte e due le famiglie. Da sposato, mio padre visse nella casa di mia madre, che era figlia unica. Mio nonno materno era molto bravo; per sopravvivere faceva di tutto, muratore, fa- legname, contadino e fabbricava perfino reti da pe- sca. Non si stancava mai e con il suo lavoro mante- neva tutti noi. Voglio raccontare la storia di quando ci è morto un bue. Fu una tragedia! I buoi a quell’epoca erano la principale ricchezza familiare, una garanzia per il pane quotidiano, ed essendo molto cari non era facile ricomperarli. Tutti ci rattristammo; ma il nonno ci disse di non disperare: «Chiederemo un prestito e ne compreremo un altro». Avevamo poca terra e in qualche occasione quasi niente da mangiare. Il pasto più comune erano fa- gioli, zuppa di riso e byrek (una specie di pizza di sfo- glia ripiena di verdura). Di carne neppure a parlarne, se non molto raramente. Tale povertà l’avevamo ere- ditata dal mio bisnonno, che si era sposato per la se- conda volta con una donna che pensava solo a se stessa e spendeva tutto in cibo, bevande e vestiti, tanto che il mio bisnonno fu costretto a vendere la casa e le terre. Il nonno ci raccontava tante storie della Prima guerra mondiale. Diceva che nel suo villaggio si erano stabi- liti i bulgari e i francesi, occupando due colline che si fronteggiavano. I bulgari erano molto duri, in varie occasioni entravano in casa nostra e portavano via il nostro pane. Invece, i francesi erano più rispettosi e condividevano ciò che avevano con i contadini. Erano ricchi e bevevano vino al posto dell’acqua. Ricordo che il nonno ci diceva sempre: «La patria e la lingua non la dobbiamo dimenticare mai e, se è ne- cessario, devi dare anche la tua vita per questo». D el villaggio dove sono nato e vissuto a lungo, avrei tanto da raccontare. Il paesaggio era molto bello, le persone che ci vivevano erano molto buone, generose, si aiutavano a vicenda e non litigavano tra loro. Erano in maggioranza analfabeti, MARZO 2012 MC 41 STORIE ESEMPLARI DI ALBANESI FERIALI NIKOLLA RACCONTA DI P AOLO R OSSI Nato a Liqenas, al confine con la Macedonia, il primo di sei figli, Nikolla Trojanov vive con un fratello a Kombinat; una sorella è emigrata in America e un fratello in Grecia; gli altri due, una sorella e un fratello, sono rimasti nel loro villaggio, ma i loro figli sono migrati all’estero. Tirana, venditore di caldarroste.
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