Missioni Consolata - Marzo 2012
lità alla scuola e al sistema sanitario. Molti vivono in abitazioni di fortuna e non risultano neanche iscritti nelle liste dell’anagrafe comunale: hanno solo elabo- rato strategie di sopravvivenza per esistere in un’a- rea deindustrializzata. I l grande desiderio e bisogno di comunicare della gente può essere interpretato come un modo per esorcizzare la sindrome di abbandono da parte delle istituzioni e il senso di precarietà che minaccia non solo le esistenze individuali, ma l’intera dimen- sione collettiva. Con il vecchio regime, gli albanesi vi- vevano in un ambiente certamente non confortevole, come tenuti sotto chiave, ma almeno socialmente si- curo e «protettivo». Oggi, i cittadini di vecchia data e i nuovi inurbati a Kombinat stanno scontando un disorientamento e tale da far rimpiangere l’organizzazione sociale e, an- cor più tra i meno abbienti, il sostegno sanitario e as- sistenziale del regime passato. Occorre traghettare la società albanese verso un si- stema in cui lo Stato possa nuovamente essere rico- nosciuto come garante di legalità e governabilità; uno Stato che ponga al centro della propria attività lo sviluppo del Paese e il benessere sociale dei suoi cittadini tutti. È quello che l’Ong Col’or (Camminiamo Oltre L’O- Rizzonte) realizza dal 2003, lavorando in Albania in generale e con gli abitanti di Kombinat in particolare. In questi anni essa ha realizzato numerosi progetti che spaziano da attività a favore delle famiglie, al so- stegno alla locale associazione di donatori di sangue, fino ad attività di formazione professionale e avvia- mento al lavoro per i giovani in difficoltà. Paolo Rossi e Federico Gallas OSSIER PREMESSA ACCADE A KOMBINAT 36 MC MARZO 2012 A 20 anni dalla caduta del regime comuni- sta, a quasi 15 dai disordini del 1997, do- vuti alla grave crisi finanziaria delle «pi- ramidi», Kombinat è diventato un luogo effervescente di vita, dove l’arte dell’ar- rangiarsi, della sopravvivenza e dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo può evolvere nelle direzioni più impensabili. È stupefacente la capacità, almeno apparente, di convivenza sociale che regna in questa caleidoscopica realtà dove, nel comprensibile desiderio di una vita migliore a qualunque costo e in tempi rapidi, vi è una massadi persone impegnate nella lotta per la sopravvivenza, a fronte di pochi, più ricchi e più furbi, altrettanto impegnati nel trarne i maggiori vantaggi. A Kombinat convivono vecchi abitanti e nuovi immigrati da diverse parti d’Albania e gli «sfortunati» (o esclusi, come i Rom) provenienti da altre zone di Tirana: tanti gruppi che si tengono distinti, pur non avendo conflitti visibili. Naturalmente, pur nella convivenza dichiarata, per- mane una diversità tra abitanti di vecchia data e nuovi arrivati. Nei primi vi è fierezza e orgoglio per essere stati i costruttori di Kombinat, fabbrica e quartiere, e tanta nostalgia e amarezza per com’è ora: essi avevano creduto nel sogno di una «nuova» Albania e, ora più degli altri, rimarcano amaramente il degrado e l’abbandono in cui versa il Paese. I nuovi arrivati sono giunti con la speranza che qui qualcosa in qualche modo si possa trovare o possa accadere, e comunque hanno abbandonato l’isola- mento della campagna e delle montagne, per vivere il «benessere» della città. Ma tra questi vi è anche emarginazione, disperazione, che a volte portano al- l’alcool, alla droga e alla prostituzione; vi è povertà economica e morale, che a volte porta all’inaccessibi-
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