Missioni Consolata - Marzo 2012
34 MC MARZO 2012 Così sta scritto volte: in 2Cor 3,3 e in Ap 9,20). Gli elementi che Gio- vanni mette nel versetto sono molteplici e interes- santi: le giare sono di pietra, sono in numero di «sei», sono inerti perché giacciono distese per terra e sono sempre in attesa di servire i Giudei per la purifica- zione. Sono così importanti che anche la quantità del loro contenuto (l’acqua) è misurata: ognuna di esse è « ch ō roûsai - contenenti due o tre metrète». UNA MISURA SENZA MISURA Il participio presente attivo femminile che concorda con le giare forma una seconda coniugazione perifra- stica, qui attiva. Anche in questo caso, invece di dire che «le giare contengono due o tre metrète», l’evan- gelista dice che «le giare erano contenenti due o tre metrète». È evidente che l’autore con questa scelta sintattica sottolinea non la normalità, ma l’abbon- danza del contenuto, perché in un certo senso pro- lunga le parole «erano contenenti», che richiama l’at- tenzione meglio e maggiormente del banale e sem- plice «contenevano». Nella prima forma, uno è co- stretto a fermarsi, nella seconda uno prende solo atto e passa avanti. La metrèta, infatti, è una misura che indica qui una quantità considerevole ( vedi riquadro ), segno che le giare erano usate da molte persone. In questo conte- sto, però, è quasi obbligo pensare alla contrapposi- zione di due fatti: da una parte il vino è «poco», tanto che deve intervenire la madre, dall’altra l’acqua della purificazione è abbondante, anzi sovrabbondante. Il «poco vino» è insufficiente e sottolinea anche la po- vertà della condizione dei partecipanti al matrimonio, espressione dell’antica alleanza, se rimane chiusa in se stessa; dall’altra parte, «l’acqua che diventa vino» è in quantità incommensurabile e indica l’abbondanza dei tempi messianici, di cui abbiamo parlato a lungo in due puntate precedenti: Un protagonista delle nozze: il vino del Messia, MC 2- 2010, pp. 24-26) e Un protagonista delle nozze: il vino dell’abbondanza , MC 3 - 2010, pp. 22-24). Ancora una volta, attraverso la struttura letteraria, i particolari e i personaggi, l’autore del racconto ci ri- porta ai piedi del Sinai per riprendere in mano di nuovo il codice dell’alleanza e risciacquarlo nel vino delle nozze di Cana che continuano ad essere sempre di più un « midràsh » di Es 19, mettendoci in guardia che se non ci apriamo al nuovo, simboleggiato dal «vino bello», anche noi rischiamo di chiuderci nelle nostre sicurezze di una religione di comodo, con il ri- schio di vanificare la Parola di Dio. Delle giare di pie- tra e del fatto che fossero «sei» parleremo nella pros- sima puntata. ( 29 - continua ). un invito, ma «era necessario» che fosse «là», perché essa è rappresentativa dell’attesa di Israele. Nella madre Giovanni condensa tutta l’attesa messianica di tutta la storia del suo popolo; ella è la personifica- zione di tutto Israele da cui si distingue nettamente. Da un lato Israele, pur possedendo la Toràh , non ha accolto il Lògos (Gv 1,11), preferendo il buio della sua chiusura anche alle novità di Dio; dall’altro la madre che rappresenta l’Israele che attende si apre al nuovo, prende coscienza che manca il vino e chiede il nuovo vino del Messia, quello che inaugurerà gli ultimi tempi con una abbondanza senza misura. Allo stesso modo deve dirsi delle giare di pietra, per- ché anche esse «erano là, distese per terra/che gia- cevano» e c’erano prima ancora che le nozze avessero inizio. Anche queste hanno uno scopo, che è «la puri- ficazione dei Giudei», ma sono inerti, tanto inerti che devono ripetere all’infinito il rito purificatorio, allo steso modo delle tavole di pietra della Toràh, che dopo essere state spezzate, devono essere riscritte e riconsegnate. Anche le giare dicono che sono ormai inadeguate a ri- cevere «la pienezza del tempo» (Gal 4,4) che si apre al Regno definitivo. Bisogna aprirsi al nuovo, la tradi- zione e le tradizioni non servono più, possono essere qualche volta un rifugio di sicurezza, ma non sono quasi mai una spinta a cogliere «il presente di Dio». A volte invece possono essere deleterie e pericolose: «Così annullate la parola di Dio con la tradizione che avete tramandato voi» (Mc 7,13). LA FUNZIONE RIPETITIVA DELLE GIARE Le giare sono il simbolo visibile della Toràh scritta e orale, incisa su tavole di pietra (Es 24,12; cf M ATEOS - B ARRETO , Il Vangelo di Giovanni , 133 e 137), che sono diventate il «sacramento» del cuore di pietra di Israele descritto dal profeta Ezechiele e in attesa del trapianto del cuore di carne (cf Ez 11.19; 36,26). La madre e le giare sono il simbolo della sinagoga che attende il Messia: a) Le giare sono pronte per la purificazione dei Giudei, quasi un prolungamento di quanto av- venne ai piedi del Sinai, dove Dio stesso impose che il popolo si purificasse per essere pronto e degno a ricevere la T oràh : «Il Signore disse a Mosè: “Va’ dal popolo e santificalo, oggi e do- mani: lavino le loro vesti e si tengano pronti per il terzo giorno, perché nel terzo giorno il Si- gnore scenderà sul monte Sinai, alla vista di tutto il popolo”» (Es 19,10-11). b) La madre/nuovo popolo è già sulla scena per- ché deve accogliere sia lo sposo, il Figlio, sia i figli che tornano dall’esilio, ponendo fine alle la- crime di Rachele che piange i suoi figli esiliati (cf Ger 31,15). La madre assume un connotato dirompente di profezia, perché annuncia l’arrivo del Messia e, al tempo stesso, chiude il tempo dell’attesa: il vino conservato nella cantina del monte Sinai, il vino della Parola di Dio sta per scorrere abbondante e senza misura inaugu- rando i tempi del Messia. Un dato è certo, nella prima parte del v. 6, l’attenzione deve porsi sul tema della purificazione, che quindi è una idea importante e che bisogna approfondire, en- trando più intimamente nel testo, da cui scopriamo che l’aggettivo di materia « líthinai - di pietra» è esclu- sivo di Giovanni (in tutto il NT ricorre solo altre due La metrèta, detta anche «anfora greca», era una unità di misura per liquidi. Nella Grecia dell’antica Attica, Solone (638–558 a.C.) aveva creato un si- stema di misurazione per solidi e liquidi basato su una unità comune, chiamato « kotýl ē – cotìle», che avava un valore di 0,27 litri. Una metrèta corrispon- deva a 144 cotìli, cioè 38,88 litri. Le sei giare erano di grandezza variabile se contenevano «due o tre me- trète» per cui possiamo dire che ogni giara poteva contenere tra 77,76 e 116,64 litri; le sei giare com- plessivamente contenevano tra 466,56 e 699,84 litri, che è una quantità considerevole.
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