Missioni Consolata - Marzo 2012

zino abbandonato nel territorio dell’Ismma. Quando presen- tammo il progetto con un arti- stico power-point al Consiglio permanente delle Conferenze dei religiosi e religiose, i supe- riori maggiori si sentirono scon- certati di fronte alla prospettiva di una nuova attività del genere, pur condividendo l’urgenza di una risposta al problema del- l’Hiv/Aids in Maputo, come con- ferenza di religiosi, non in forma isolata; le obiezioni furono molte, finché il presidente della conferenza disse che bisognava aprirsi ai nuovi soffi dello Spirito e autorizzò l’uso del magaz- zino». La bozza del progetto fu subito spedita a diversi istituti e orga- nizzazioni per chiedere i finan- ziamenti. Per qualche mese sembrava che non accadesse niente, finché la congregazione delle Mercedarie della Carità promise 10 mila dollari, le Mis- sionarie della Consolata altri 10 mila euro, le suore della Conso- lazione 16 mila dollari. Cominciarono subito i restauri del fabbricato e la costruzione di annessi (cucina e chiosco per le refezioni), si comperarono tavoli, sedie e culle per bambini. Altra mobilia, tra cui cucina elettrica, frigorifero e televisore, arriva- rono da una Ong in smobilita- zione, il resto fu possibile acqui- starlo grazie agli aiuti di alcune associazioni spagnole. Il sogno stava diventando realtà. PRIMO CASO CON RODAGGIO Il 2 novembre 2007 suor Janete stava recitando il rosario intorno alla chiesa della Polana, in at- tesa che cominciasse la messa, quando arrivò una ragazza con una scarpa rotta in mano e il viso 28 MC MARZO 2012 vergognoso e triste; si avvicinò e, con tono di sfida, le disse chiaro e tondo: - Suora, aiutami ad abortire. - Cosa dici, ragazza? - Sono incinta e l’uomo mi ha ab- bandonata. Non sono in condi- zione di avere questo bambino e non voglio che soffra come ho sofferto io. - Ascoltami bene, ragazza: io ti posso aiutare a tenere il bimbo non a ucciderlo. - Allora, prenditi cura di me. «In quel “prenditi cura di me” ri- conobbi la voce di Dio - ricorda suor Janete -. Senza render- mene conto mi ero impegnata con il primo caso di Hakumana». Carola, così si chiamava la ra- gazza, 15 anni, era stata abban- donata in un mercato e poi adot- tata e cresciuta in una famiglia che la usava come serva; scap- pata da casa, si diede a una vita libertina, finché fuggì con un mi- litare che, quando seppe che era incinta la abbandonò lasciandola senza un soldo. Suor Janete portò la ragazza nella casa della sua comunità e il giorno seguente le procurò una famiglia cristiana che l’acco- gliesse e aiutasse nell’evolversi della maternità. Instabile, ag- gressiva, indipendente, testarda, Carola si rivelò subito un caso complicato: per il suo comporta- MOZAMBICO

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