Missioni Consolata - Gennaio/Febbraio 2012

48 MC GENNAIO-FEBBRAIO 2012 OSSIER mettere il continuo rifornimento negli alberghi e nelle zone commerciali. Il solo sistema di condiziona- mento del Burj Khalifa equivale allo scioglimento di 12.500 tonnellate di ghiaccio; mantenere il green del campo da golf Tiger Woods richiede 18 milioni di litri di acqua al giorno, nel centro commerciale Mall of the Emirates c’è una pista da sci da 500 metri con impianti di risalita, uno chalet svizzero e una tempe- ratura costantemente mantenuta tra i 4 e i 10 gradi sotto lo zero, mentre il grandioso e lussuoso com- plesso Atlantis , oltre ad avere un parco acquatico con 40 milioni di litri di acqua, vanta un hotel lette- ralmente immerso in un acquario, dove gli ospiti hanno l’impressione di dormire, mangiare e farsi la toilette tra squali, cernie, murene. Il paradiso de- scritto da Ravi. Ma non c’è posto per tutti in questo paradiso e Ravi, come molti altri suoi colleghi, che questo paradiso lo hanno costruito, sono costretti a vivere nell’inferno. La condizione delle collaboratrici domestiche è an- cora peggiore: segregate nelle lussuose ville dei loro padroni, sono spesso oggetto di abusi sessuali. Un sondaggio condotto dall’Hrw nel gennaio 2010, ha evidenziato il terrore della componente femminile nel denunciare eventuali soprusi commessi a loro danno. Il 55% delle donne, infatti, ha ammesso che non contesterebbe alcun abuso sessuale per paura di ritorsioni delle famiglie ospitanti. Del resto non c’è da stupirsi di tanta omertà, visto che la corte di giu- stizia è sottomessa alla famiglia reale, tanto da assol- vere dall’accusa di tortura Sheikh Issa bin Zayed al Nahyan, figlio del precedente presidente degli Emi- rati, nonostante un video lo inchiodasse. Il motivo dell’assoluzione? Lo sceicco sarebbe stato vittima di una cospirazione. ISLAM DIFFERENTE Passeggiando lungo la Jumeirah Beach , la spiaggia pubblica all’ombra del Burj Al Arab , davanti all’hotel più lussuoso del mondo, dove il costo di una stanza va da mille a 28 mila dollari a notte, vedo giovani arabi d’ambo i sessi bagnarsi nelle stesse acque e prendere il sole in bikini. «Ciò accade solo a Dubai - mi avverte mons. Paul Hinder, vicario apostolico del Sud Arabia -. Ad Abu Dhabi, ad esempio, le spiagge sono ancora separate secondo l’usanza islamica». A Dubai incontro un islam completamente differente da quello conosciuto in altri paesi. «Questo è il vero islam» mi dice Nasif Kayed, direttore del Centro per la comprensione culturale ( Sheikh Mohammed Cen- tre for Cultural Understanding , Smccu), rinnegando quanti si arrogano il diritto di affermare nel mondo altre componenti musulmane: dai taleban agli ayatol- lah, dagli hezbollah ai fratelli musulmani. Qui tradizione e modernità hanno saputo armoniz- zarsi tra loro sino a convivere e a trasformarsi a vi- cenda, per cui l’islam che si respira è assai diverso da quello di altre culture musulmane. Non potrebbe es- sere altrimenti, in una città che ha fatto della globa- lizzazione spinta, la sua bandiera. Una islamizza- zione radicale avrebbe potuto allontanare imprendi- tori e finanziatori. Tutti sanno che Dubai è sempre stata la lavanderia dei soldi destinati alla jihad . La fa- miglia Bin Laden ha sempre avuto un rapporto privi- legiato con la famiglia regnante e lo stesso Osama bin Laden, negli anni passati è stato ricoverato negli attrezzatissimi ospedali dell’Emirato. Il governo de- gli Eau, del resto, è stato l’unico al mondo, assieme a Sopra, Nasif Kayed, direttore del Centro per la com- prensione culturale. Sotto, Dubai, sala di accoglienza dello Sheikh Mohammed Centre for Cultural Understanding (Centro per la com- prensione culturale). Pagina accanto, modernità e tradizione sulla spiaggia di Dubai. © Piergiorgio Pescali 2011

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