Missioni Consolata - Gennaio/Febbraio 2012

44 MC NAIO FEBBRAIO 2012 F u il veneziano Gaspero Balbi, nel 1580, il primo a nominare nel suo diario l’indu- stria perlifera che fioriva lungo le coste di Dubai. Nei mercati di Venezia le perle di Dibei erano tra le mercanzie più ambite dalla nobiltà e le piccole sferette di ma- dreperla rimasero l’unica risorsa del porto arabo fino agli anni Trenta del Novecento, quando l’industria delle perle artificiali indusse il governatore del regno, lo sceicco Saeed bin Hasher al Maktoum e in partico- lare il suo successore Rashid bin Saeed al Maktoum, a cercare altre forme di sviluppo. Dapprima fu l’ampliamento del porto di Dubai, nel 1963, ad attirare i primi investimenti. Grazie alla fa- vorevole posizione geografica, a pochi chilometri dalle coste iraniane, e alla presenza di numerosi com- mercianti indiani, la città diventò il principale centro di scambio dell’oro nel Medio Oriente. «Ancora oggi il Gold Souk è una delle attrazioni turistiche e com- merciali più visitate di Dubai, ma pochi sanno che proprio da queste stradine si è costruita l’immensa ricchezza della metropoli» spiega Praful Soni, pro- prietario della Shyam Jewellers , una delle più anti- che oreficerie della città. RISORSE DIVERSIFICATE Ma gli ambiziosi piani della famiglia Maktoum non avrebbero potuto realizzarsi senza lo sfruttamento di quello che è stato il vero propellente dello sviluppo del piccolo regno arabo: il petrolio. La scoperta alla metà degli anni Sessanta dei primi giacimenti, ha permesso lo sviluppo di una fiorente industria, con- sentendo a Dubai di prevalere sull’eterna rivale Abu Dhabi, capitale politica degli Emirati Arabi Uniti. Una prosperità che sarebbe effimera, quella di Du- bai, visto che gli esperti prevedono che già nel 2025 le viscere dello sceiccato si prosciugheranno. «La ric- chezza petrolifera degli Emirati è sempre stata mo- nopolizzata da Abu Dhabi - mi dice Hisham Abdullah Al Shirawi, vice presidente della Camera di commer- cio di Dubai - ma Dubai ha saputo diversificare in tempo le proprie risorse, mantenendo una suprema- zia economica e culturale riconosciuta da tutto il mondo». L’attuale governatore di Dubai, Sheikh Mohammed bin Rashid Al Maktoum, ha saputo anticipare gli eventi sino a ridurre al 6% i ricavi economici deri- vanti dall’ export petrolifero (contro il 25% dell’intera nazione) trasformando la città in una sorta di cala- mita per gli investimenti stranieri. Chi arriva qui, aspettandosi di trovare pozzi petroliferi, raffinerie e le tipiche fiamme che illuminano la notte delle deso- late lande del deserto, rimane deluso. Dubai si è tra- sformata in un centro finanziario mondiale e la città è il punto nevralgico non solo della nazione, ma del- l’intero Medio Oriente. Nel suo immenso aeroporto, il quarto del pianeta, transitano 60 milioni di passeg- geri all’anno trasportati da 150 compagnie che colle- gano 220 destinazioni, mentre nelle 49 banchine del porto di Dubai i 30.000 lavoratori smistano annual- mente 12 milioni di Teu ( l’unità di misura standard nel trasporto dei container; un container da 6,1 metri corrisponde a 1 Teu, ndr ). Il Pil, pari a 50 miliardi di euro, è garantito per il 22,6% dagli investimenti im- mobiliari, per il 16% dal commercio e per l’11% dai servizi finanziari. REPORTAGE DA DUBAI: GRATTACIELI NEL DESERTO PARADISO «ARTIFICIALE» DI P IERGIORGIO P ESCALI Dalla pesca e coltivazione di perle al boom del petrolio, Dubai è uno specchio della penisola Arabica: un miscuglio di ambizioni e contraddizioni, megalomanie e sfrutta- mento umano, tradizionalismo islamico e modernità, tolleranza religiosa e umori di rivolta... ma affari e finanza mettono tutto e tutti d’accordo. Burj al Khalifa (Torre Kalifa) l’edificio più alto del mondo: misura 828 metri di altezza; la sua costruzione è iniziata il 21 settembre 2004 ed è stata completata il 1º ottobre 2009; aperto al pubblico il 4 gennaio 2010. © CC-by-2 0/M Seifert

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