Missioni Consolata - Gennaio/Febbraio 2012

IL RACCONTO DELLE NOZZE DI CANA (28) GESÙ IL FIGLIO DI GIUSEPPE «Non è costui il figlio di Giuseppe?» (Lc 4,22) a cura di Paolo Farinella, biblista Così sta scritto DALLA BIBBIA LE PAROLE DELLA VITA (62) MC RUBRICHE 32 MC GENNAIO-FEBBRAIO 2012 A l versetto 5 abbiamo dedicato già le precedenti due puntate, ma è necessario dedicar- vene ancora una terza e una quarta, data la pregnanza e la profondità dei rimandi che il testo impone. Non possiamo, infatti, leggere il vangelo in fretta e non dobbiamo con- seguire un premio a scadenza. Bisogna prendersi il tempo necessario, quando si tratta della Parola di Dio. L’AMORE ESIGE TEMPO Tutte le cose importanti hanno bisogno di tempo, di intimità profonda. Lo esige l’autore del van- gelo che ci dà gli indizi giusti perché noi possiamo fare il nostro lavoro di ricerca oltre le appa- renze. Una persona superficiale si ferma a osservare la funzione della madre di Gesù, che prende l’iniziativa, preoccupata della festa che potrebbe andare in crisi per la mancanza di vino. Da qui poi si parte con una speculazione sulla mediazione della Madonna che si prende cura di due poveri sposini sfortunati per non far fare loro brutta figura. Una persona un po’ più attenta «all’ascolto» percepirà le assonanze, per cui le basta ricordare il parallelo con Giuseppe, il figlio del patriarca Giacobbe, e così affermare la continuità tra la sto- ria di Israele e quella del Nuovo Testamento. Tutto ciò a noi non basta. Perché la Parola è esigente «spada a doppio taglio» (Eb 4,12) che vuole solo penetrare la carne viva della fede sincera. Se siamo Uditori della Parola 1 , dobbiamo «rimanere» su di essa (cf Gv 8,31) e assaporarla sillaba per sillaba, lettera per lettera e «ascol- tare» intimamente l’eco di tutte le parole della Bibbia, che risuonano o che richiamano o sem- plicemente sussurrano. L’uditore diventa profeta perché mentre ascolta mangia la Parola con lo stesso atteggiamento e la stessa disposizione del profeta Ezechiele: « 1 Figlio dell’uomo, mangia ciò che ti sta davanti, mangia questo rotolo, poi va’ e parla alla casa d’Israele». 2 Io aprii la bocca ed egli mi fece mangiare quel rotolo, 3 dicendomi: «Figlio dell’uomo, nutri il tuo ventre e riempi le tue viscere con questo rotolo che ti porgo». Io lo mangiai: fu per la mia bocca dolce come il miele. 4 Poi egli mi disse: «Figlio dell’uomo, va’, rècati alla casa d’Israele e riferisci loro le mie parole» (Ez 3,1-4) . Il dramma del nostro tempo è la superficialità che non assapora, ma tutto macina e butta via. Un amore senza tempo a sua disposizione è solo furto di un attimo di consolazione, ma il vuoto resta integro e tragico. Se l’amore di prostituzione calcola il tempo in funzione del guadagno, noi che ci troviamo davanti alla Parola, possiamo passare in fretta rincorrendo magari il nulla? Noi credenti nel «Dio [che] è Amore» (1Gv 4,8) dobbiamo imparare a essere maestri dell’amore a perdere, quello che nasce solo dall’innamoramento che si nutre di desiderio e presenza, di progetto e attesa come di passione e fisicità. Tutto oggi è veloce e frenetico e spesso si ha la sensazione che si corra a vuoto, verso dove non si sa, in tondo o a zonzo, in omaggio a una velo- cità che alla fine obbliga all’immobilismo. OLTRE IL SIGNIFICATO IMMEDIATO Non basta fare un collegamento tra le parole della madre che invita a obbedire a Gesù e quelle del faraone che invita a obbedire a Giuseppe per avere «una bella immagine». Bisogna anche doman- darsi perché l’autore del vangelo esige questa connessione; perché l’evangelista ci obbliga a riflet- tere sulla figura del patriarca Giuseppe nel contesto delle nozze di Cana, attraverso un richiamo verbale e letterario che certamente avrà da svelarci qualcosa di nuovo sulla figura di Gesù. GV 2,5: [E] DICE SUA MADRE AI DIACONI/SERVITORI: «QUELLO CHE VI DIRÀ, FATE[LO]» [lèghei h ē mêt ē r autoû toîs diakònois: Hò ti an lègh ē i hymîn poiêsate]

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