Missioni Consolata - Gennaio/Febbraio 2012
formarsi una famiglia. Per una donna come me, mi dice il suo vicinato, potrebbero sborsare anche cinquanta mucche, ma di quelle pregiate. Rispondo scher- zando che sono troppo poche, ne servirebbero almeno un centi- naio; dopo un istante di imba- razzo e indecisione scoppiamo tutti a ridere. Poi la madre an- ziana racconta del suo matrimo- nio e della dote pesante pagata dal marito e non solo in animali, ma anche in denaro. Ma è la donna più giovane a sot- tolineare che la loro è una fami- glia aperta, pur mantenendo usi e costumi tradizionali di cui hanno capito il valore. Domando chiarimenti sulla pratica dell’in- fibulazione e la giovane risponde prontamente che è stata abban- donata ormai da molti anni. Anzi, rincara la dose contro certe usanze figlie della superstizione e ringrazia la presenza dei mis- sionari che attraverso le scuole, il dispensario e gli incontri li aiu- tano a crescere i figli con mag- giore apertura. Rimango davvero senza parole! gnora mi mostrerà la ricchezza di famiglia: un folta mandria di mucche di razze diverse e pre- giate, capre, pecore, tutte vigi- late dallo sguardo maturo del bambino. Non ci sono uomini, poiché sono anch’essi ad accu- dire il bestiame; arriva però un vicino, spinto dalla curiosità di conoscere la mzungu (bianca). Cominciamo a parlare, mentre i bambini ci scorrazzano attorno insieme a galli e galline. Marco traduce le tante domande che ri- volgo alla giovane wagogo . Sono incuriosita dalle caratteristiche di questa etnia fiera e semino- made, discendente dai masai . Fisicamente infatti si assomi- gliano; ma la donna ci spiega su- bito che culturalmente sono molto diversi: i wasukuma sono grandi lavoratori e più intrapren- denti: lo testimoniano le vaste distese di campi coltivati non solo per la loro sussistenza, ma anche per vendere parte del rac- colto. Ma la ricchezza principale è co- stituita dal bestiame, che serve anche per stipulare matrimoni e GENNAIO FEBBRAIO 2012 MC 27 MC ARTICOLI Sono seduta su uno sgabello in pieno bush , nel niente, davanti a tre caratteristiche case wa- sukuma : una per gli uomini, un’altra per le donne e i bambini e una terza per gli animali; siamo accerchiati da galline, gatti e cani, e questa donna ve- stita in tipico stile wasukuma, ol- tre a ringraziarmi per essere an- data nella sua casa, mi dice con- vinta che hanno bisogno e vo- gliono una cultura più aperta per i loro figli. Ecco le motivazioni e le gratifica- zioni capaci di farti rimanere in un posto come questo, ai confini della speranza. «È qui che ac- quista senso la presenza di noi missionari» mi aveva già detto padre Antonio Zanette e me lo sentirò ripetere a Heka da padre Saverio Diaz. L’incontro termina con un’altra sorpresa divertente. I bambini iniziano a correre dientro a una gallina e la inseguono per parec- chi minuti, finché decidono di ac- chiapparla e la consegnano alla mamma, che me la regala come segno di ospitalità. Cerco di prenderla e tenerla ferma tra le mani, tentando di non far capire che è la prima volta che maneg- gio una gallina. Il cuore dell’ani- male batte forte che sembra uscire dal suo corpo. Marco mi spiega che i wa- sukuma non regalano mai ani- mali morti. Se il regalo è una gallina, questa deve essere la migliore; per questo la fanno correre all’impazzata per dimo- strare che non è malata, ma gode perfetta salute. Consegnata a padre Salvatore, il giorno dopo la gallina ricompare sulla tavola, per farmi gustare ancora una volta la squisita ospi- talità dei missionari e della loro gente, capace di donare con tanta gioia nonostante la loro po- vertà. Romina Remigio
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