Missioni Consolata - Gennaio/Febbraio 2012

LE CASE PER GLI ANZIANI CIECHI Attraversiamo il villaggio che il sole è ancora forte con la sabbia che si infiltra dovunque. I bam- bini conoscono Marco ma si avvi- cinano timorosi. Mi osservano, mi scrutano, ma hanno paura. Molti scappano. Non mi era mai successo in Tanzania di trovare dei bambini che alla vista di un bianco ancora scappassero. Oltrepassiamo le case dei wa- gogo : basse e rettangolari. Una signora mi invita a entrare. La struttura è in fango. Il tetto è piatto ricoperto da cespugli di erba, i muri con piccole finestre. Entro e una leggera frescura mi sorprende, così come la perfetta divisione della casa: in un angolo separato da una parete di fango c’è la cucina, dall’altra parte la «zona notte» con un grande letto matrimoniale e una zanzariera. La donna mi spiega che hanno il cortile in comune, dove di solito si cucina e si accolgono gli ospiti. Usciamo dalla casa e vediamo gli anziani sotto un albero, seduti su pelli di capre, stuoie e sga- belli. Marco li chiama e non ap- pena sentono la sua voce si al- zano e raggianti ci vengono in- contro. Capisco subito che sono i ciechi. In tanti hanno cataratte che sono degenerate. Sono tutti anziani che i famigliari hanno «invitato» ad andarsene da casa, quando per la loro ce- cità sono diventati un peso per il resto della famiglia. Vengono da zone lontane. Hanno affrontato un viaggio di molti chilometri, quando hanno saputo di questa casa messa a disposizione dai missionari per i non vedenti. Sono comunque indipendenti e riescono a gestirsi da soli. Le donne della comunità di base del villaggio provvedono loro acqua e cibo e essi riescono a cucinar- selo. Mi raccontano storie pazzesche, mentre i loro occhi assenti e fissi nel vuoto si inumidiscono; sono storie in cui si intrecciano i ri- cordi di fatica e fame, siccità e TANZANIA 26 MC GENNAIO-FEBBRAIO 2012 lavoro nei campi a temperature più che torride. Eppure sono lì, sereni e felici, senza alcun ran- core verso persone o eventi del passato né sul perché sia toc- cata loro tale sorte, ma conti- nuano a ringraziare Marco e i missionari perché non li hanno lasciati in mezzo alla strada. Mi sento veramente in un altro mondo se penso a quello nostro! UNA GALLINA DAI WASUKUMA È arrivata Maria, una donna wa- gogo di quarantacinque anni, ma che ne dimostra molti di più, che ci accompagna alla casa di una sua amica wasukuma . Quest’ul- tima l’avevamo incontrata la mattina davanti all’asilo, dove aveva accompagnato il figlio- letto, poiché abitano in pieno bush a qualche distanza dalla missione. Iniziamo a percorrere un sen- tiero sconnesso tra i soliti campi di mais bruciati dal sole, dove i girasoli secchi sembrano delle braccia tese al cielo per invocare una pioggia che non vuole ca- dere; sbuchiamo in una stradina polverosa tra acacie dalle spine lunghe e affilate, che graffiano impietosamente le portiere del- l’auto; arriviamo davanti a un re- cinto di spine alto più di un me- tro: entriamo e ci viene incontro la nostra amica. Un viso dai tratti eleganti e una pelle d’ebano. Altissima e slan- ciata mi sorride come fossi l’a- mica di sempre. Qualche metro più in là c’è la madre anziana, altrettanto alta. Ci invitano a se- derci all’ombra della casa. Ci sono tutti i suoi figli, tranne il piccolo di cinque anni, che cono- sceremo più dardi, quando la si- # Grazie per la gallina! # Madre e figli della famiglia wasukuma visitata in un villaggio vicino a Sanza. # Due sorridenti bellezze wasukuma . # Recinto spinoso, casa per animali (in primo piano) e casa per le donne in un villaggio wasukuma .

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