Missioni Consolata - Dicembre 2011
MC ARTICOLI difficile la conversione. Gli ebrei sono andati via tutti: erano in Al- geria prima dell’Islam, da venti secoli. Oggi sarebbe possibile come missionari, andare in Algeria? «Questo è il problema nato dopo lo sviluppo delle comunità di evangelici. Lo stato ha capito che c’era il rischio di aumento delle conversioni, allora ha chiuso l’in- gresso ai missionari. E questo non solo per gli evangelici, che sarebbero venuti a incontrare i convertiti, ma anche per la chiesa cattolica e le altre chiese protestanti. Così oggi abbiamo molte difficoltà per ottenere i vi- sti. Se non riusciamo a rinnovare in modo regolare la presenza, poco a poco, ci si estingue. Per noi è un grande problema. È dif- ficile soprattutto il primo in- gresso per un missionario anche per congregazioni già presenti, poi il rinnovo si fa normalmente. È una situazione nuova da 4-5 anni». La cosiddetta primavera araba, questa rivoluzione anche cultu- rale che ha toccato il Nord Africa, con i giovani che fanno sentire di più la loro voce, dal punto di vista religioso può por- tare un rinnovamento o è solo una questione politica? «In Algeria abbiamo lo stesso partito politico, il Fronte di libe- razione nazionale (Fnl), al potere da 50 anni. I giovani vogliono cambiare il sistema e chiedono libertà, responsabilità, possibi- lità di associarsi, ecc. Ma fino ad adesso non hanno parlato di li- bertà religiosa. Non in questo contesto». Oggi c’è fondamentalismo come ai tempi del massacro di Tibhe- rine, c’è pericolo che possa ri- nascere la violenza in Algeria? «Grazie a Dio no. La gente ha sofferto molto, si parla di 150.000 morti tra il 1992 e il 2000. Oggi quelli che vogliono utilizzare la violenza sono piccoli gruppi sparsi, che fanno degli at- tacchi contro l’esercito. Ma ciò che chiedevano i gruppi armati da oltre 20 anni, di fare una so- cietà più musulmana, è avve- nuto. Questo sia sul piano del velo per le donne, che sul ritorno alla conoscenza dell’Islam, alla preghiera, ad un’attenzione alla formazione musulmana dei bambini. Possiamo dire che adesso la società algerina è più legata all’Islam che prima della crisi. Gli algerini non hanno ac- cettato l’Islam della violenza, ma il ritorno a una vita sociale più musulmana. Attraverso questo sviluppo si può segnalare una corrente dei sufisti, più attaccati alla esperienza personale reli- giosa e spirituale e per questo si sono interessati al cristianesimo come esperienza spirituale del- l’incontro con Dio. Sono più aperti a rispettare lo sviluppo spirituale delle persone. Non ac- cettano le conversioni, però si in- teressano a sapere chi sono i cristiani, qual è il cammino per la preghiera, la bibbia e ci invi- tano a incontri». Come movimenti dal basso, è possibile creare iniziative co- muni su alcuni principi ci sia un inizio di dialogo che possa por- tare a una maggiore condivi- sione anche dei valori religiosi? «Questo è il nostro scopo. Se noi siamo in Algeria è per cercare quelli che vogliono essere nostri amici e condividere con loro tutto quello che si può, sia il lavoro sociale, sia una ricerca culturale sul futuro della nazione, sia un’interazione sui temi della glo- balizzazione. Abbiamo amici e con questi facciamo tante cose. Attraverso l’amicizia c’è un ri- spetto che esiste per quelli che sono cristiani da sempre, anche se per i convertiti è diverso. Bi- sogna che lo sviluppo porti verso un cambio totale, verso l’accetta- zione della conversione. Se uno di origine musulmana è cristiano perché i suoi genitori erano cri- stiani, è più facile per lui avere un posto nella società. Il parroco nel duomo di Algeri è algerino e i suoi nonni furono cristiani. La gente è orgogliosa di dire che la responsabilità della cattedrale è data a un algerino. C’è questa contraddizione. Io ho avuto due vicari generali di origine algerina, totalmente ac- cettati. Nei ministeri sono sem- pre andato con loro senza pro- blema, ma non sarei mai andato in un incontro ufficiale con un musulmano convertito. Sarebbe una mancanza di rispetto. a cura di Ugo Pozzoli # Mons. Henri Teissier durante una conferenza a Roma nel maggio scorso. DICEMBRE 2011 MC 77
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