Missioni Consolata - Dicembre 2011

AMAZZONIA 70 MC DICEMBRE 2011 tutto sommato direi che Taba- tinga è un esperimento riuscito». Tabatinga come crocevia di cul- ture ed esempio di convivenza, ma la città ha anche molti pro- blemi. Ce li potrebbe riassu- mere? «I problemi sono quelli della sa- lute, del trasporto, della sicu- rezza. La sicurezza non può es- sere militarizzata, cioè basata so- lamente sulle armi. Essa deve poggiare sullo scambio di merci, cultura e valori. Per esempio, im- parando la lingua del vicino: in Colombia e Perú il portoghese, noi brasiliani lo spagnolo. C’è infine il problema della spaz- zatura: ognuno cerca di scaricare sull’altro i propri avanzi. Li butta nel fiume e chi è a monte scarica su chi si trova a valle». Poco distante da qui, c’è il mer- cato coperto del pesce. Ab- biamo scoperto che esso non è l’alimento principale... «Tutt’altro. Per sfamare la popo- lazione della zona noi importiamo il pollo da 4.000-5.000 chilometri di distanza. In una regione che potrebbe produrre tutto il pesce necessario per sopravvivere, se non fosse drasticamente dimi- nuito a causa di una pesca troppo intensiva. Anche tutto il latte che si consuma qui viene da fuori! Le cause della situazione sono da ricercarsi nella mancanza di vo- lontà politica e nella prepotenza del mercato che non pensa a chi ha bisogno, ma quale affare può rendere di più». SE GLI INDIOS VANNO IN CITTÀ Lei è nato qui. Come è cam- biata la regione amazzonica in questi anni? «Chi ha conosciuto l’Amazzonia 30 anni fa, capisce che noi siamo arrivati ai limiti. D’altra parte, il problema va visto anche in un al- tro verso. La legge è estrema- mente pesante con noi, che non possiamo neppure tagliare un al- bero. Ho visto autorità che vole- vano mettere in galera un indio privo del certificato dell’albero con cui aveva costruito la sua ca- noa. Si consideri che la gran parte di questo oceano verde è demanio federale. A chi avrebbe dovuto chiedere questo indio? Adesso alcune tribù stanno co- minciando a dire: se noi non pos- siamo costruire la nostra casa, dateci il cemento e i mattoni per costruirla secondo i vostri criteri. Questo dimostra la fragilità e le contraddizioni delle nostre leggi. Tutti noi vogliamo la preserva- zione, ma ogni cosa deve essere fatta con un po’ di intelligenza e buonsenso. Guardi, qui niente è costruito con il legno, neppure le traverse dei tetti. Tutto è in ferro, ferro che viene da Minas Gerais. C’è qualcosa che non va… Occorrerebbero regole più pre- cise e di buonsenso. Ad esempio, se tagli delle piante, sei anche obbligato a ripiantare». Al mercato di Tabatinga ab- biamo visto molti indigeni im- pegnati in piccole attività di commercio ambulante. Com’è la loro situazione? «Gli indigeni si trovano in grandi difficoltà. Si è stimolata in loro una corsa al progresso e al con- sumo. Leggere, scrivere, i vestiti, i sandali, il computer, internet. Tutte cose che loro non produ- cono. Per accedere a questi og- getti avrebbero bisogno di un la- voro che non hanno. Così gli in- dios stanno lasciando le loro terre, acquisite anche grazie al- l’impegno della chiesa e delle Ong internazionali. I tikuna , per esempio, sono diven- tati una tribù cittadina. Nel Bairro Umariaçu, alla periferia di Taba- tinga, sono in 6.000 ( leggere ri- quadro ). A Manaus sono oltre 50 mila. Per loro è importante pre- servare lingua e cultura; allo stesso tempo occorre dare ad essi tutte le possibilità di lavorare e convivere non come cittadini di seconda o terza classe, ma alla pari con gli altri». NÉ GOMMA, NÉ PESCE, NÉ LEGNAME Da queste parti come operano le multinazionali? «Rispetto a Manaus e soprattutto a Rondonia (dove hanno deva- stato tutto), qui non ci sono grandi multinazionali con le loro coltivazioni. Eppure, l’albero della gomma e il cacao potrebbero convivere bene perché appartengono alla fore- sta. Anche il dendé , che è un in- crocio tra il dendé nativo e la palma africana, sta dando risul- tati abbastanza interessanti». # A sinistra : un bambino ad un banco di vendita di banane all’interno del mercato coperto di Tabatinga.

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