Missioni Consolata - Dicembre 2011

IGEMBE (o AMUNG’ENTI) Fondata nel 1913, il primo Cristiano si ebbe solo dopo sette anni, nel 1920. [ Nel 1926 ] i Cristiani erano 33; a fine 1950 sono 227 [ mancano dati per il 2005 ]. Egembe con Toro [ Tuuru ] sono il vero centro del paganesimo del Meru e, pare, anche la culla della società degli Njoli , che regolano tutta la vita del Meru sulle basi tradizionali pagane. Tuttavia anche qui come a Tigania ci sono i se- gni di un buon risveglio. I catecumeni sono 80; la scuola centrale con lo standard V [classe V] conta già ben 192 allievi, e le quattro out-schools hanno già 326 allievi. La missione di Egembe è ancora ora impregnata del ricordo del p. Vincenzo Dolza, che si faceva chiamare «padre Cencio», che rese questa mis- sione una delle più belle, con viali e vaghi giardini dai mille fiori, tra cui primeggiano numerosi i ro- sai. Il padre li piantava in onore di santa Teresina («Agli altri, diceva, la Santina manda le rose, a padre Cencio solo le spine delle rose»). Non è possibile che le preghiere, i lavori, i sacri- fizi di tanti padri e suore che hanno seminato nel dolore rimangano sterili. A suo tempo i rosai di p. Dolza non daranno più solo, spine, ma sbocceranno in quella pioggia di rose predetta dalla Santa. Westminster) ai missionari nella sua visita apostolica nel novembre 1928, visita che portò qualche benefizio mate- riale alla prefettura, e di cui mons. Balbo subito approfittò per costruire le abitazioni dei padri e delle suore della mis- sione di Kyeni [ non era stata una visita di cortesia, perché il monsignore, allora non ancora vescovo, era stato mandato da Roma per risolvere alcuni pro- LA SCELTA DELLA FORESTA Mezz’ora dopo ero al forte, consistente in due case: una per la posta e per gli ascari; l’altra per il coman- dante. Scritte e spedite alcune cartoline per infor- mare i miei Superiori del felice arrivo, ripresi la via per strade ancor più piane e magnificamente tenute, facendo la conoscenza cogli indigeni Wameru. Il loro parlare è così musicale che il saluto pare una ca- rezza; sono molto più socievoli e gentili degli aghe- koio , e tutti per strada salutano. Gli uomini sono bei tipi di guerrieri, colle lunghe lance, ma non hanno, come i Maasai, la ferocia di assassinare facilmente i viandanti forestieri. Portano i capelli lunghi, fermati a treccia dentro uno straccio ornato all’esterno di perline; il corpo unto di olio e ocra. Così pure le donne portano molti ornamenti che dan loro un aspetto gioviale. Ebbi l’impressione di arrivare in un paese in festa. Contai 18 ponti solo tra il forte e la missione, ma tutti abbastanza buoni; e passai anche la foresta dove più tardi avremmo deciso di impiantare la segheria. Vi- cino ad un torrente, alcuni neri intenti a guardare qualcosa come impauriti, mi fecero segno di fer- marmi. Scesi e vidi subito un enorme pitone sul ci- glio della brughiera, gli sparai un colpo di fucile che lo fece attorcigliare come una salsiccia, ma occorsero due altri colpi per finirlo. Nella sua agonia si stese per lungo, occupando tutta la strada: era lungo circa cinque metri. Peccato che, essendo io solo, e i neri OSSIER 60 MC DICEMBRE 2011 A destra: questa foto non riguarda la segheria, ma rappresenta bene quei missionari pionieri dalla grande fede condita da sana allegria e solido affetto fraterno, vero antidoto alle molte e durissime difficoltà. Qui sotto: 1926 ca., gruppo di missionari: ( 1° fila da sinistra ) p. Dolza Vincenzo (1880-1946), il prefetto apostolico mons. Balbo e p. Bellani ( vedi foto pag. 54 ). In seconda fila ci sono i padri Manfredi Enrico (1896-1997), Airaldi Guglielmo (1901-1997) Bertolino Giovanni Battista (1898-1955), Rosano Lorenzo (1903-1990), Chiarle Albino (1899-1967), Richetta Giuseppe (1897-1947) e quattro non identificati. per impaurirli - che, quanto a ferirli, me ne sarei guardato, perché allora diventano terribili - che en- trai in quelle file come un bolide, suonando a distesa il campanello ed emettendo grida da ossesso. Se ave- ste visto che corse! Quella massa in un baleno si di- vise, si smembrò, ed eccoli tutti sugli alberi fiancheg- gianti la strada, emettendo essi pure grida indiavo- late: un vero pandemonio! Ad ogni modo mi liberai bene, e pensando poi chi avesse avuto più paura, io o loro, conclusi che tutti assieme eravamo contenti di essere... fuggiti! 4.

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