Missioni Consolata - Dicembre 2011
40 MC DICEMBRE 2011 OSSIER riti d’iniziazione ogni sette anni. Durante questi riti, si celebra un vero passaggio di età, lasciando la classe precedente per entrare in una nuova. Un para- gone può chiarire meglio. Supponiamo che tutta una tribù sia stipata su un treno. Nella prima carrozza ci sono gli anziani (età dai 40… ai cento, per chi ci arriva). Nella seguente ci sono quelli di un’età compresa tra i 35 e gli …anta, che sono gli anziani minori, adulti che non hanno an- cora un figlio circonciso. Un’altra carrozza raccoglie quelli che hanno dai 28 a 35 anni, i guerrieri maggiori e tira da quella di chi ha tra i 21 e i 28 anni: i guerrieri minori. C’è poi quella della nuova riika (guppo di età) o dell’ultima circoncisione (tra i 14 e i 21) e infine l’ul- tima carrozza dei fanciulli incirconcisi. Le donne hanno un’organizzazione sociale diversa essendo praticamente divise in due categorie di circoncise (sposate) e incirconcise (bambine). Ogni sette anni (ci possono essere degli spostamenti se, contro tutte le previsioni, il settimo anno è un anno di siccità: non si può far festa quando non c’è cibo per gli uomini e il bestiame) il treno si ferma: tutti scendono, fanno una grande festa celebrando l’i- niziazione alla vita adulta degli adolescenti, e poi ri- salgono sul treno cambiando posto ed avanzando di una carrozza. Quanto agli anziani: o ci ha già pensato il Padreterno o vengono relegati a compiti di onore e non più di servizio, eccetto i grandi sacerdoti, gli stregoni e i capi. I nuovi anziani lasciano il posto ai guerrieri maggiori, questi a quelli minori e così via fino ai mar- mocchi che salgono nel carrozzone dei neo circon- cisi. A questi “carrozzoni” - sempre per stare nell’allego- ria - i Meru hanno dato il nome Nthuke (che significa più o meno generazione, gruppo di età: neo-circon- cisi, guerrieri, anziani…). UN NOME DINAMICO Il nome è importante, ma non è un fattore perma- nente che accompagni una persona dalla nascita alla morte, come avviene nella nostra società. Nella cul- tura Bantu il nome cambia col crescere della per- sona. Può così succedere che un individuo cambi il nome anche una decina di volte nella vita, per la gioia di chi deve compilare l’anagrafe o tenere un registro parrocchiale. Ogni persona inizia con il primo nome datogle dai genitori (oggigiorno succede anche che ne sceglie un altro quando entra nella scuola e lo cambia se deve ripetere l’anno scolastico per via di bocciature), ne riceve uno nuovo al momento dell’ini- ziazione e poi magari ci penseranno gli stessi coeta- nei ad affibbiargli un nuovo nome per distinguerlo meglio, per onorarlo, per riconoscere una sua dote (ad es. Mto-Mugambi = il parlatore… l’avvocato) e così via. Quante volte è successo e succede ancora che anche ai missionari venga cambiato il nome! «La madre della misericordia», il «padre che ci vuol bene», il «silenzioso» ( Mukiri ), Mwereria (= il vaga- bondo per la buona causa…; anche se non è vero che proprio tutti i missionari abbiano ricevuto nomi così elogiativi). Un nome così esprime davvero la persona che lo porta. Il cardinal Otunga ricevette dai Meru dell’Igembe il nome di Mto-Baikiao (l’uomo della bontà). Un nunzio apostolico era chiamato Mzee Mwenda (l’anziano che è amato). Così il missionario che voglia un po’ di ordine nei regi- stri, deve spesso arrampicarsi sui vetri! In più c’è la complicazione dell’età. Un tempo non si insisteva sul- l’età, perché nessuno era in grado di “tradurre” nel gergo dei bianchi il numero degli anni che aveva sul groppone. Nemmeno il governo insisteva più di tanto ed è davvero recente la legge che obbliga i genitori a registrare i bambini alla nascita. Così sulle carte d’i- dentità vi è un dato che a noi suona strano: età «sopra i diciotto». Oltre a tutto questo va ricordato - per com- plicare la faccenda - che contare portava sfortuna. Come nessuno contava i capi di bestiame che aveva, le mogli che possedeva, i figli generati, così non contava gli anni. Se era vecchio diceva: «tanti». ORGANIZZAZIONE SOCIALE Chi oggi prende un manuale di antropologia può su- bito scoprire come la grande etnia dei Meru non sia una realtà omogenea. A livello locale ci sono molte diversità di lingua, usi, costumi e tradizioni, perché la tribù è in realtà costituita da sette gruppi simili, che occupano le sette zome principali del territorio del meru. Eccoli: Chuka, Muthambi, Igoji, Imenti, Tharaka, Tigania, Igembe. Qui a destra: Meru del Tigania [ K.I.O .]. Centro: guerrieri e ragazze ornati per una festa. Ultima a destra: ragazza Tharaka [ K.I.O .]; notare il gran numero di conchigliette che provengono dalla barriera corallina dell’Oceano Indiano.
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