Missioni Consolata - Dicembre 2011

C ento anni orsono la regione che oggi chiamiamo Meru, sul versante nord-est del grande monte (il versante sud-ovest essendo occupato dai Kikuyu e quello sud-est dai Kamba), nascondeva nelle sue foreste e nelle piane semidesertiche che facevano da sponda a quel mare di verde, poco più di 40 mila africani ( altre stime dicono addirittura 400mila, 93mila capanne ). Inutile cercare strade, ponti, costruzioni e città come oggi siamo abituati. I volenterosi che si erano spinti in quel verde erano tornati con notizie di popoli che abitavano nelle fore- ste ai piedi della grande montagna sacra. Tra di essi un popolo, che non molti secoli prima aveva sfidato l’ignoto giungendo dal mare, per nascondersi e poi stabilirsi in quei luoghi. UN POPOLO VENUTO DA LONTANO Quanto tempo prima? Forse appena trecento anni. Una leggenda di questo popolo, i Meru (o Ameru al plurale), racconta così. «Tanto tempo fa il popolo Meru abitava al di là della grande acqua. Erano schiavi di un re potente che non lesinava angherie ai suoi sudditi. Sorse un giorno tra questo popolo un uomo che aveva parlato con Dio. Avendo visto l’afflizione della sua gente, si presentò al re nel nome del suo Dio, e implorò la libertà per sé e per il suo popolo. Il re rise divertito a questa richie- sta. Poi, tanto per togliersi dai piedi quell’impiccione, rispose: “Bene, ti darò la libertà e lascerò andare la tua gente se tu riuscirai a portarmi un grosso ele- fante che faccia sterco bianco”. Oltre al prodigioso elefante il re volle altri meravigliosi quanto impossi- bili portenti (in alcuni racconti l’elefante diventa solo una mucca, si parla anche di cani con le corna, di una lancia tanto lunga da arrivare al cielo, e così via, le storie si abbelliscono secondo la fantasia dei narra- DICEMBRE 2011 MC 35 MC MERU: CENT’ANNI... tori e secondo le tradizioni dei vari gruppi). L’uomo non disarmò, tornò a parlare con Dio sulla montagna e Dio l’aiutò a scovare l’elefante e a prepa- rare tutti gli altri prodigi. La meraviglia del re fu grande e, pur non credendo ai suoi occhi, dovette a malincuore acconsentire alla richiesta e lasciar li- bero lui e tutta la sua gente. Il popolo tutto, seguendo questo grande uomo di Dio chiamato Mogwe, dopo il sacrificio di tre giovani chiamati Gaita, Kiuma e Mu- thetu (questi sono ancora oggi i nomi dei tre clan principali della tribù da cui deriverebbero tutti gli al- tri clan o mierega ), passò la grande acqua . Per divi- dere e fermare le acque il Mogwe si servì di una ma- gica lancia. I primi fuggiaschi attraversarono il mat- UN INCONTRO A DIR POCO COMPLICATO I MERU: «SELVAGGI» PIENI DI SORPRESE DI G IUSEPPE Q UATTROCCHIO Cento anni non sono pochi anche visti con gli occhi di oggi. Se - per un colpo di magia - potessimo trasportarci a cento anni orsono ed osservare con l’occhio satellitare la regione che attornia il monte Kenya, vedremmo una gran macchia verde scura circon- dare un largo anello di verde chiaro che abbraccia un’enorme montagna tutta roccia con una punta bianca e lucente al centro: il monte Kerenyaga (= montagna splendente, oggi Monte Kenya). Attorno al monte c’era allora un’enorme distesa di foreste impenetrabili di alberi secolari e di bambù, macchiata qua e là dal verde più chiaro di pochi prati, che di colpo cedeva alle immense savane digradanti, verso nord ed est, nello spoglio color sabbia rosso-nera di vaste zone semi-desertiche. Sono passati cento anni e quell’immenso mare di verde si è ristretto assai, eroso dalla continua espansione delle aree coltivate. Meru

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