Missioni Consolata - Dicembre 2011
DICEMBRE 2011 MC 27 MC ARTICOLI «Per prima cosa è necessario essere molto pazienti, perché di fronte all’innovazione tutti speri- mentano il disagio. Gli innovatori sono solitamente insopportabili, perché dicono l’esatto contrario di quello che i genitori vogliono dire ai figli, i capi di stato ai citta- dini, o gli industriali agli operai. Eppure senza innovazione, dice Negroponte, siamo destinati tutti al declino. Prendendo il linguag- gio del Concilio, si parla di “ag- giornamento”». Qualche consiglio. «Nella preparazione dei giovani seminaristi alla vita missionaria, le materie sono quelle canoni- che, nelle migliori delle ipotesi la missiologia. Dobbiamo iniziare a capire la necessità di prepa- rare i quadri di domani con forti competenze nel digitale, perché la rete è terra di missione. E questo significa attrezzarsi a li- vello di corsi, investire maggiori risorse finanziarie su questo versante. Il mondo missionario è entrato in rete, ma a parte l’esperienza della Misna, tutti fanno fatica a fare sistema, ci si muove in ma- # Pagina precedente: ritratto di padre Giulio Albanese, missionario Comboniano e giornalista. # A fianco: Guiúa, Mozambico. Corsi di informatica per catechisti. # Sotto: Gomponson, Burkina Faso. La diffusione del telefono cellulare (in questo caso con videocamera) è una realtà nei paesi africani. niera molto auto referenziale e il rischio è che restiamo fermi al web 1.0. Utilizziamo cioè Inter- net quasi fosse una bacheca per fare vedere quello che fa il mio o tuo istituto, o rivista. Ma Internet è molto di più: è interazione, scambio, confronto, è una grande Agorà. San Paolo e gli apostoli sono scesi nell’Agorà e lì hanno incontrato la gente. La missione è nata nelle città. All’inizio del terzo millennio, si propone in questa grande urbe internettiana». LA CHIESA NELLA RETE Parlando in generale della Chiesa, come sta affrontando questa rivoluzione? «Sia da parte del Papa, anche nel mes- saggio per la giornata delle co- municazioni sociali di que- st’anno, e più in generale da parte della Conferenza episco- pale italiana, a livello istituzio- nale, c’è stata una grande atten- zione a questo tema. L’anno scorso si è svolto a Roma il con- vegno “Testimoni digitali” e vi hanno preso parte tutti i rappre- sentanti delle diocesi del nostro paese. C’era anche una discreta presenza di religiose, religiosi e missionari. Ma molto di più deve essere fatto. A mio avviso occorre far sì che a livello della base si comprenda che si tratta di cambiare radical- mente mentalità. Ma questo esige una grande umiltà: dobbiamo ammettere
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