Missioni Consolata - Dicembre 2011
funzionari delle istituzioni eroga- trici, a quanto pare, non si sono opposti alla loro realizzazione. Il problema di dare una sistema- zione dignitosa ai vecchi e nuovi sfollati rimane più che mai at- tuale. Il conflitto del 2008 non ha fatto che aggravare una situa- zione rimasta irrisolta da quando, tra il 1991 e il 1993, due guerre civili costrinsero centinaia di mi- gliaia di georgiani a lasciare le proprie case in Abkhazia e in Sud Ossezia. Costoro sono stati per anni lasciati in una sorta di limbo, senza che il governo affrontasse seriamente la questione di un loro reinsediamento in altri al- loggi. C’è chi ha cercato di arran- giarsi, da solo o con l’aiuto di altri famigliari, chi ha trovato ricovero in strutture, messe “temporanea- mente” a disposizione dallo stato. Tenere calda la questione degli sfollati serviva al governo come carta da giocare per dimostrare la necessità di recuperare i terri- tori secessionisti. Va da sé che, quando l’Occidente si è mobilitato per aiutare la Georgia dopo la guerra del 2008, anche i vecchi sfollati hanno chiesto di essere fi- nalmente aiutati a trovare una si- stemazione definitiva. In accordo con gli stati donatori, è stato sta- bilito che sarebbero stati inclusi nel programma di assegnazione di nuovi alloggi. Anche nel loro caso, però, le soluzioni offerte dal governo spesso non sono ade- guate. Famiglie che ormai da quasi vent’anni vivono in città ri- cevono alloggi in centri piccoli, o remoti, dove non c’è possibilità di lavoro, dove a volte mancano i servizi essenziali. Qualcuno opta per un compenso in denaro, ma molti rifiutano di trasferirsi. Dalla scorsa estate a Tbilisi sono co- minciati gli sgomberi forzati degli edifici dove vivevano gli sfollati. La brutalità di questi interventi ha provocato un’ondata di denunce e proteste da parte sia dei diretti interessati, sia delle organizza- zioni umanitarie. Ora il governo sta agendo con maggior cautela, ma gli sgomberi continuano. QUALCHE SOFFIO, D’ARIA NUOVA Mentre gli sfollati continuano la loro triste odissea, il resto del paese, anche se lentamente, va avanti. Gli ingenti aiuti internazio- nali arrivati all’indomani dell’ul- timo conflitto hanno rimesso in moto i lavori pubblici. Le infra- strutture stanno migliorando. Per il viaggiatore punto di osserva- zione privilegiato sono le strade. Ebbene, rispetto ai viaggi prece- denti ho potuto costatare che sta diventando più facile muoversi nel paese. È migliorata la condi- zione delle principali strade di co- municazione, procedono i lavori per completare il tracciato della ferrovia che collegherà Kars, in Turchia, con Baku, in Azerbai- gian, attraversando la Georgia da un capo all’altro. Tbilisi ha due nuove arterie, che alleggeriscono il traffico del centro città, peren- nemente congestionato. L’edilizia privata non si è ancora ripresa dalla crisi postbellica, ma lo Stato ha riaperto i cantieri e ha, tra l’altro, messo in opera un grosso progetto, sostenuto dal- l’Unesco, di ristrutturazione del centro storico di Tbilisi. Tra qual- che tempo il nucleo più antico della capitale georgiana avrà un volto forse anche troppo nuovo. Spariranno le case sbilenche e fatiscenti; altre saranno rifatte, i caratteristici balconi odoreranno di legno nuovo e offriranno ai tu- risti una perfetta immagine da cartolina, sia di giorno, che di notte, grazie alla nuova potente illuminazione notturna. Piccoli progressi si stanno fa- cendo anche nella sanità. Le fa- sce più deboli ricevono ora qual- che aiuto in più dallo Stato, che dovrebbe assicurare loro, perlo- meno, l’assistenza e i farmaci di base. In realtà, questo diritto non è sempre garantito, per man- canza di strutture adeguate sul territorio. Coloro che non rien- trano nelle categorie previste dalla legge continuano ad affron- tare da soli il problema della pro- pria salute. Ciò vuol dire che, quando c’è la necessità d’inter- venti costosi, chi non ha le risorse sufficienti s’indebita, o rinuncia alle cure. Sebbene i segni della povertà ri- mangano visibili in molte parti della capitale e del paese, in con- fronto ai cupi anni Novanta del secolo scorso, si deve ammettere che adesso in Georgia si respira un’aria più leggera. GEORGIA 18 MC DICEMBRE 2011 # Sopra : sfollati accampati in un’aula d’asilo.
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