Missioni Consolata - Dicembre 2011

suo vicino di casa, Lou Prentiss. «Riassumeva tutte le fattezze e lo spirito di Santa Claus. Le ru- ghe che aveva sul volto erano ru- ghe felici» ebbe a spiegare Sundblom. «Il Santa Claus della Coca Cola personifica lo spirito della va- canza e ha aiutato a modellare l’immagine di Santa Claus in tutto il mondo» ha detto nel 2006, in occasione del 75° anni- versario della prima vignetta di Sundblom, Phil Mooney, diret- tore degli Archivi della Coca Cola. NELL’UFFICIO DI BABBO NATALE Ma se la Coca Cola ha interna- zionalizzato Santa Claus, la Fin- landia è riuscita a monopolizzare l’attenzione dei bambini di tutto tico, perché veniva mostrato mentre discuteva con i soldati dell’Unione in piena guerra di Secessione. In barba alla carità cristiana di cui dovrebbe essere il rappre- sentante, il Santa Claus di Nast aveva in mano una marionetta che altri non era che Jefferson Davis, presidente degli Stati Confederati d’America. Il burat- tino era appeso a una fune at- torno al collo, un’azione inequi- vocabile. Fu lo stesso Abramo Lincoln che chiese a Nast di di- segnare un Santa Claus «parti- giano» per demoralizzare i sol- dati confederali sudisti, inaugu- rando così la guerra psicologica. Bisognerà però aspettare sino al 19 dicembre 1915 perché Santa Claus venga «assunto» come te- stimonial di un prodotto com- merciale. Fu l’industria delle be- vande analcoliche a sfruttare Babbo Natale. Ma, a differenza di quanto si pensi, non fu la Coca Cola, bensì la White Rock , produttrice di ac- que minerali a utilizzare un Santa Claus barbuto con la giubba rossa, bordata di un pel- licciotto bianco che, tra il 1919 e il 1925, fece la sua comparsa sulle riviste americane più pre- stigiose, tra cui Live Magazine . La Coca Cola riprese l’idea della White Rock assoldando il dise- gnatore più famoso del mo- mento: Haddon Hub- bard Sundblom che, dal 1931 al 1964, fece più di 40 disegni pubblicitari con Santa Claus: per immorta- larne il volto si ispirò a un il mondo, creando attorno a lui un vero e proprio business turi- stico. A Rovaniemi, infatti, sorge quello che è da tutti conosciuto come il Villaggio di Babbo Na- tale. Gli ingredienti ci sono tutti: tanta neve, suggestione, l’aurora boreale, uno scenario mozza- fiato, l’atmosfera naturale a cui è stato intelligentemente aggiunto un tocco di fantasia «artificiale». E così il «vero» Babbo Natale vive tutto l’anno qui, seduto nel suo ufficio dove arrivano migliaia di lettere da tutto il mondo (la terza nazione come numero di mittenti è l’Italia) e accogliendo i bambini elettrizzati nell’incon- trare il loro idolo. «Il lavoro è duro, ma sapere che migliaia di bambini torneranno a casa con un ricordo che rimarrà impresso per tutto il resto della loro vita, mi appaga di tutta la fa- tica» afferma Babbo Natale. Il Santa Claus della Coca Cola e di Rovaniemi sono il prodotto della modernizzazione e della secolarizzazione di una società rivolta al futuro, ma che ricono- sce nel proprio passato le radici su cui si fonda il proprio essere. Joulupukki, Noel Baba, le Père Noel, Nikolaus, Santa Claus, Babbo Natale... comunque lo si chiami è sempre a lui che ci si riferisce: San Nicola vescovo di Mira. Piergiorgio Pescali DICEMBRE 2011 MC 15 MC ARTICOLI # Il villaggio di Babbo Natale a Rovaniemi, in Finlandia. # Babbo Natale in carne ed ossa, nel suo ufficio a Rovaniemi (Finlandia), nell’atto di accogliere i bambini.

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