Missioni Consolata - Agosto/Settembre 2011
PATRASSO, GRECIA Afghani, sudanesi, somali, eritrei, kurdi, iracheni e palestinesi, in tutto un migliaio di persone, vivono accampati nei pressi del porto d’imbarco per l’Italia. Sono organizzati in campi abusivi, chi all’aperto, chi sotto i vagoni dei treni, chi in case abbandonate, di- visi per area di provenienza. Senza assistenza, né acqua né luce, con servizi igienici di fortuna. In città solo l’associazione umanitaria Kinisi si prende cura di loro, ma la situazione è totalmente fuori controllo. E Patrasso è solo la punta dell’ ice- berg di un sistema d’immigrazione clandestina che parte da Kabul come da Karthoum o dalla Cisgior- dania, per entrare in Europa attraverso il confine tra Turchia e Grecia. Storie di fatiche, ingiustizie, soprusi, violazioni, a volte morte. Tutto per arrivare nell’avamposto europeo del mar Egeo, nell’ enclave ellenica, da dove i migranti clandestini, in attesa di permesso di soggiorno o richiedenti asilo, tentano di entrare in Italia, nascosti nei container o attaccati sotto i rimorchi dei tir in attesa di imbarcarsi sui traghetti per Bari, Ancona o Venezia. Per rimanerci o per potersi spostare «liberamente» in altri paesi europei confinanti. Il giovane Abdullah, 18enne leader di un gruppetto di otto ragazzi giunti dallo stesso villaggio, racconta la sua epopea: «Ho impiegato più di due mesi ad ar- rivare qui. Sono partito dal mio villaggio, a Nord di Kabul, per Kandahar. Da lì sono passato in Pakistan, per proseguire verso l’Iran. Sono arrivato al confine tra Iran e Turchia con passaggi in auto, e accompa- gnato da guide locali lungo le montagne sono en- trato in Turchia. Van, Ankara, poi Istanbul, Smirne e infine il centro di Paganì, sull’isola di Lesbo. Ora sono a Patrasso da 6 mesi in attesa di andare in Ita- lia, perché voglio entrare davvero in Europa…». Mohammud invece, 50enne ingegnere minerario del Sudan, racconta: «Sono arrivato ad Ankara in aereo dal Cairo. Sono scappato da Karthoum lasciando moglie e quattro figli perché ero sulla lista nera del governo». Una volta ad Ankara, Mohammud ha con- tattato un « passeur », un trafficante di uomini, per entrare in Europa. Come? «Con il cellulare natural- mente, chiamando un numero avuto da un connazio- nale incontrato al Cairo». Detto fatto, per la modica cifra di 600 dollari Usa, molto meno del passaggio dalla Libia all’Italia, o dal Marocco alla Spagna, Mo- hammud è stato imbarcato su un gommone che dal porto di Smirne, sulla costa turca, lo ha portato nel- l’isola greca di Samos. Dopo due mesi di fermo è stato rilasciato con un permesso bimestrale in attesa di risposta per la do- manda di asilo. «È da sei mesi che sono in Grecia e ancora non mi hanno comunicato niente», dice l’in- gegnere. Che è costretto a dormire da clandestino insieme a 200 tra connazionali, somali, eritrei, sotto alcuni vagoni dismessi presso la stazione a Ovest di Patrasso. «Ormai l’unica strada per entrare in Europa è la Tur- chia», sosteneva Bawa Hissen Folase, giovane suda- nese, nella primavera del 2010. «Dal Marocco non si passa più perché i militari sparano. E le Canarie, Ceuta e Melilla sono completamente bloccate dalla po- lizia spagnola. Dalla Libia verso l’Italia nemmeno, re- AGOSTO-SETTEMBRE 2011 MC 33 centro ha una capienza di 190 persone - spiegava nel 2004 Claudio Scalia, della Misericordia di Palermo, allora responsabile del Cpa -. Ma a causa dei ripetuti sbarchi ci siamo già trovati a ospitare anche 1.100 persone, tutte insieme». In seguito, nel 2007, il Cen- tro di prima accoglienza è stato trasformato in Cen- tro di soccorso e prima accoglienza e trasferito in una ex caserma dell'esercito sull’isola, che nell’otto- bre del 2009 è stato chiuso, in quanto, dichiarava una nota del ministero: «Non ci sono più immigrati da ospitare per effetto della politica dei respingimenti adottata dal governo». Il ministro Roberto Maroni infatti, pochi mesi prima aveva dichiarato: «Il 2009 sarà l'anno della fine del- l'emergenza, così come il 2008 è stato un anno re- cord sul fronte sbarchi. Due giorni fa - spiegava il ti- tolare del Viminale - ho incontrato l'ambasciatore li- bico ed entro gennaio spero che i pattugliamenti pos- sano partire. Ciò ci consentirà di chiudere con il fe- nomeno degli sbarchi prima della stagione turistica». Poi la situazione dei paesi Nord africani è precipi- tata. E 10 anni di impegni in patti bilaterali della po- litica italiana in materia di immigrazione sono an- dati in fumo. «Lampedusa continua ad essere una realtà offshore - spiega Fulvio Vassallo Paleologo, avvocato dell'Associazione studi giuridici sull'immi- grazione (Asgi), membro della Rete antirazzista sici- liana e docente di Diritto privato all'Università di Palermo - un'isola de-territorializzata, dove non fun- zionano le normali regole di un paese democratico. Per legge, gli immigrati che arrivano sul nostro ter- ritorio dovrebbero avere una procedura davanti al magistrato entro 48 ore. Ma non succede, perché da Agrigento i giudici si recano sull'isola, se va bene, una volta a settimana. Evidentemente l'articolo 13 della Costituzione qui non esiste». MC EUROPA PROIBITA
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