Missioni Consolata - Agosto/Settembre 2011

per attingere acqua potabile, lavarsi e rilassarsi qualche ora. All'interno della struttura universita- ria infatti, secondo una storica usanza marocchina, la polizia non può entrare senza il permesso di stu- denti e rettore. «La situazione in città è di assoluta emergenza - spiega il professor El Arbi Mrabet, preside della Fa- coltà di diritto dell'Università di Oujda - e in tutto il Marocco non esiste un solo centro di accoglienza per clandestini. Ed è solo per questo motivo che permettiamo agli immigrati di entrare nel campus la sera. Ma resta il fatto che la nostra struttura è fi- nalizzata allo studio e non all'accoglienza». I migranti clandestini per l’ enclave spagnola di Me- lilla sono da sempre un fiorente business . «Il pro- blema degli immigrati clandestini subsahariani - spiega José Palazon, presidente dell'Ong Prodein di Melilla - continua ad essere strumentalizzato per ri- chiamare l'attenzione internazionale su Melilla e chiedere più risorse economiche». E ancora oggi, benché dalla valla non si passi quasi più, nel Ceti ( Centro temporal de imigración ) «lavorano tutta una serie di società private e Ong che percepiscono un mucchio di soldi - continua Palazon -. E solo la costruzione della terza valla a Melilla e Ceuta è co- stata quasi 40 milioni di euro». Si tratta di una ulte- riore rete costruita qualche anno fa in mezzo alle due già esistenti: una barriera inviolabile, con tanto di labirinto di cavi d'acciaio e irroratori di liquido al peperoncino urticante. LAMPEDUSA, ITALIA Sono passate da poco le nove di sera quando il Guar- dacoste G 107 «Carreca» della guardia di finanza e una motovedetta della capitaneria fanno ingresso nel porto di Lampedusa. A bordo, rispettivamente, 76 e 87 migranti: 163 persone salpate dalle coste libi- che e soccorse dopo oltre dodici ore di navigazione su un barcone lungo 17 metri, a circa 24 miglia ma- rine dall'isola siciliana. Sono maghrebini e subsaha- riani in fuga dai paesi nordafricani in rivolta. Tra loro anche 13 donne e 2 bambini, di sei e dieci anni. Un fenomeno che si ripete tristemente uguale tutti i giorni. L'ennesimo sbarco di clandestini sull'isola. Sulla banchina attendono tutte le divise possibili e immaginabili: poliziotti, carabinieri, finanzieri, mari- nai. Poi il personale delle Ong pronto a prestare i primi soccorsi. Infine gli operatori dei media in cerca di notizie. La piccola isola siciliana da mesi è chiamata ad af- frontare l’accoglienza di migliaia di immigrati prove- nienti da Sud. Una vera e propria «pressione umana» che, solo recentemente, le altre regioni ita- liane stanno cercando di alleviare, accettando di ac- cogliere alcuni migranti in fuga. È il caso di Kochri, giovane tunisino non ancora venticinquenne scap- pato dal suo paese in rivolta, sbarcato a Lampedusa e trasferito in Calabria. CENTRI DI «ACCOGLIENZA» Seduto di fronte ai container del centro d'acco- glienza Sant'Anna di Isola di Capo Rizzuto, nel Cro- tonese, la struttura d'accoglienza per richiedenti asilo più grande d'Europa, il giovane non crede ai suoi occhi. «Sono arrivato una settimana fa a Lam- pedusa - racconta il migrante tunisino - e ora sono stato trasferito in questo centro su un aereo della guardia di finanza, insieme ad altri 100 compagni». È aprile di quest’anno. L’isola siciliana, avamposto europeo in mare africano, è al collasso. Con migranti lasciati per le strade e strutture di accoglienza sti- pate. «Quando mi hanno detto che ci trasferivano ero felice - continua -, credevo fosse la seconda tappa verso una nuova vita nel vostro paese. Poi la sistemazione in brandine a terra, senza coperte. La delusione. Questa è una prigione fatta di gabbie per animali, senza rispetto né dignità. Perché? Non siamo ancora in Europa qui?». La struttura calabrese di Isola di Capo Rizzuto è for- mata da una tendopoli più un campo di 162 contai- ner , di pochi metri di ampiezza ciascuno, in cui ven- gono stipati 12 - 15 e forse più migranti. E la capacità ricettiva complessiva non ha eguali in Europa: 1.300 posti. Si tratta di una delle numerose strutture alle- stite in fretta e furia dal governo italiano all’indo- mani della crisi dei paesi del Nord Africa. Quando gli sbarchi sull’isola di Lampedusa sono aumentati in maniera esponenziale. Ma la situazione di emergenza nella piccola isola si- ciliana è endemica. Non è mai cessata. A partire dal- l’inizio degli anni 2000, quando il vecchio Cpa (Cen- tro di prima accoglienza) di Lampedusa ricordava le carceri militari afghane o irachene: una cinta di rete sormontata da rotoli di filo spinato, cancelli con in- ferriate e abbondanti fari di illuminazione. Situato proprio a ridosso dell’aeroporto, con mezzi militari e uomini armati all’esterno che pattugliavano il peri- metro 24 ore su 24. All'interno una serie di contai- ner metallici ospitavano i dormitori e i servizi. «Il MC EUROPA PROIBITA AGOSTO-SETTEMBRE 2011 MC 31 Patrasso. Un migrante nel suo giaciglio nella foresta. Pagina a fianco : sacchetti di cibo appesi a un albero.

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