Missioni Consolata - Agosto/Settembre 2011
facciano sulle Canarie: Marocco del Sud, poi territori Saharawi, Mauritania e fino in Senegal. Ma presto anche lì i «gendarmi europei» hanno cercato di bloc- care la via. Allora i flussi si sono spostati dalle coste tunisine e libiche verso l’Italia. Poi dalla Turchia in Grecia. Ora, dopo gli ultimi accadimenti nei paesi maghrebini, nuovamente da Libia e Tunisia. Ma al- cuni attendono ancora qui in Marocco, nella spe- ranza che «cambi nuovamente il vento». E che la via spagnola all’Europa si riapra. Altri invece sono sem- plicemente «insabbiati». Dopo anni di tentativi non hanno più le forze per rimettersi in viaggio. «Le spinte migratorie sono come l'acqua: seguono una legge fisica di alta e bassa pressione. Se creo una barriera per fermare il flusso, questo pian piano la aggirerà trovando sempre nuove strade». Padre Jo- seph Lepine è un attento osservatore dei processi migratori. È un prete cattolico settantenne, che da oltre 30 anni vive nella chiesa cattolica marocchina di Oujda, edificata proprio a fianco alla moschea cit- tadina, per accudire i numerosi giovani cattolici che vengono a studiare nell'università. «Sono oltre 10 anni che vediamo arrivare gente disperata dai paesi subsahariani diretta in Spagna - racconta -. Ma, da circa tre, la situazione è precipitata». Centinaia di persone giungono dall'Algeria e si installano nella fo- resta adiacente l'università: uomini, donne e bam- bini. Il campus universitario, il secondo per importanza nel paese, è una sorta di rifugio per gli immigrati clandestini subsahariani. Verso le cinque di sera, quando gli studenti finiscono le lezioni e tornano ai loro alloggiamenti, gli immigrati entrano nel campus MELILLA PATRASSO LAMPEDUSA CALAIS Patrasso. Immagini dell’uliveto in cui si nascondono i migranti in attesa di un passaggio per l’Italia.
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