Missioni Consolata - Agosto/Settembre 2011

MELILLA, SPAGNA «Fratello, questa è una guerra. Soltanto Dio sa come andrà a finire. Ho tentato di scavalcare la valla (rete posta a protezione della frontiera spagnola di Me- lilla) tre volte. Mi hanno sempre preso. Mi hanno picchiato e riportato alla frontiera con l'Algeria. Qui dal Marocco è sempre più difficile passare». Ibra- him, camerunese di 25 anni, ha lo sguardo basso sulla terra brulla della foresta di Oujda, città maroc- china al confine con l'Algeria. È in Marocco ormai da 2 anni e mezzo, e la doppia recinzione di rete e filo spinato alta 6 metri che circonda i 12 chilometri quadrati della cittadina di Melilla, enclave spagnola in terra d'Africa, è diventata la sua ossessione. «Per passare la rete bisogna avere dei jeans, un giubbotto a maniche lunghe e dei guanti di cuoio - spiega Sibo Kamara, ivoriano trentenne seduto a fianco a Ibra- him - altrimenti il filo spinato in cima alla barriera ti strappa la pelle. Si scavalca la prima rete con una scala e se ne lancia un'altra per scavalcare la se- conda. Ho provato già tante volte ma non sono mai riuscito. Quest'inverno un compagno avanti a me è riuscito a passare. Ma per me non c’è stato nulla da fare». Mukete, altro ragazzo camerunese, alto e magro, è rimasto «prigioniero della foresta» con Ibrahim e decine di altri immigrati subsahariani clandestini: AGOSTO-SETTEMBRE 2011 MC 29 MC EUROPA PROIBITA Fuori le mura COSA PENSA CHI TENTA DI ENTRARE Le rotte dei flussi migratori sono dinamiche, variano a seconda degli eventi e del clima. È come un fluido che tenta di entrare non appena si apre una falla. E i gendarmi europei corrono a chiudere il buco. Ma subito si forma un’altra breccia. provengono dal Camerun, Costa d'Avorio, Liberia, Guinea-Bissau, Guinea Conakry, Sierra Leone, Ghana, Nigeria, Gabon e vivono alla giornata, brac- cati dai militari marocchini e costretti a dormire sotto gli alberi. «Il nostro mondo finisce sul limite della foresta - spiega - sono quasi due anni che vivo nascosto tra questi alberi. Se esco e mi prendono i militari mi portano a morire nel deserto dell'Alge- ria. Sto aspettando il momento migliore per met- termi in marcia per Melilla o Ceuta». Come i suoi compagni Mukete è convinto che si tratti solo di tempo, perché «non è possibile che ci fermino - con- tinua - mi hanno detto che stanno costruendo una terza rete intorno a Melilla. Ma non riusciranno a fermarci. Ho lasciato il mio paese in cui non avevo nulla, sono entrato in Nigeria, ho attraversato il Ni- ger, poi il Mali, l'Algeria e infine sono arrivato qui in Marocco. Ora non è giusto che ci impediscano di an- dare verso una vita migliore, non abbiamo fatto niente di male». LE ROTTE Sono lontani i periodi in cui dalle frontiere europee di Ceuta e Melilla passavano centinaia di persone in fuga dai paesi africani. Oggi le «rotte» per l’Europa sono altre. Da qui non si passa più. Da Ceuta e Me- lilla i flussi si sono spostati verso le coste che si af- Patrasso: un giovane clandestino nascosto nella «foresta» prepara del cibo su una cucina di fortuna.

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