Missioni Consolata - Agosto/Settembre 2011
AGOSTO-SETTEMBRE 2011 MC 25 IL RACCONTO DELLE NOZZE DI CANA (24) «VINO NON HANNO» «La nuova alleanza nel mio sangue, che è versato per voi» (Lc 22,20) a cura di Paolo Farinella, biblista Così sta scritto DALLA BIBBIA LE PAROLE DELLA VITA (58) MC RUBRICHE GV 2,3: «VENUTO A MANCARE IL VINO, DICE LA MADRE DI GESÙ A LUI: “VINO NON HANNO”». (kài hysterêsantos òinou lèghei h ē mêt ē r toû I ē soû pros autòn: Ôinon oùk èchousin) F atti i preparativi per lo sposalizio, preso atto che le nozze di Cana sono le sole in tutta la storia dell’umanità che si celebrano senza sposa, del tutto assente; conosciuti gli invitati importanti ai fini del IV vangelo, con il v. 3 entra in scena uno dei protagonisti eccellenti: «il vino», in greco « òinos ». Nel racconto ricorre ben 5 volte: al v. 3 (2x), al v. 9 (1x) e al v. 10 (2x). Questa «abbondanza» di vino non solo materiale (sei giare per una capienza totale da un mi- nimo di 240 a un massimo di 480 litri), ma anche letteraria (5 occorrenze) è indice di importanza e ci invita a prestare attenzione se vogliamo cogliere il significato inteso dall’autore. Al «protagonista vino» abbiamo dedicato ben due puntate da due angolature diverse: - Il vino dalla prospettiva del Messia nel suo simbolismo cristologico (cf MC 10 [2010] 24-26). - Il vino dalla prospettiva di abbondanza nel suo simbolismo escatologico (cf MC 11 [2010] 21-24). Rimandiamo a queste due puntate per non ripeterci. Sarebbe bene che i lettori interessati ad un approfondimento rileggessero i due testi perché sono utili per capire quanto diremo ancora. Chi avesse smarrito i nn. 10 e 11 del 2010 sopra citati, può consultare il sito della rivista MC on line sempre disponibile: http://www.rivistamissioniconsolata.it/cerca.php?cat=25 (consigliamo anche per chi ne avesse la possibilità di aggiungere l’ exursus « Il vino nell’Antico Testamento e nella tra- dizione giudaica » in Aristide Serra, Le nozze di Cana , 249-273. UN SIGNIFICATO UNIVERSALE Il testo del vangelo annota semplicemente che a un certo punto è «venuto a mancare il vino» (v. 3a). Qualcuno ha fatto male i conti o gli invitati ne hanno approfittato e quindi, nel pieno della festa, sorge un problema. Fermarsi a questa lettura però sarebbe molto banale. Il testo così come lo ab- biamo è testimoniato dalla maggior parte dei codici e in particolare dai papiri Bodmer P66 (tra i sec. II e III) e P75 (tra i sec. VI e VII). Vi sono però alcune varianti che fanno capire l’importanza del tema. Il codice «Alpha*», risalente al sec. IV, legge: «E vino non avevano perché il vino delle nozze era stato terminato», che è una forma più estesa, esplicativa: vuole cioè chiarire il pensiero e spie- gando allunga. Una regola della critica testuale è che tra due testi, in genere, è da scegliere quello più breve e più difficile, perché brevità e difficoltà sono segnali di maggiore antichità. Chi vuole spiegare le cose per chiarirle, certamente è successivo al testo. Di fronte a questo fatto, la madre di Gesù che avevamo incontrato al versetto precedente per la prima volta prende la parola e fa notare la situazione: «Vino non hanno». Anche qui lo stesso codice «Alpha*» riporta un’altra variante che dice: «Vino non c’è». Apparentemente non c’è differenza tra i due testi, ma solo apparentemente, perché la variante semplifica molto e dal punto di vista teologico pone l’accento solo sul vino che è il soggetto della frase, mentre il testo accettato pone l’accento sulle persone, in questo caso, gli sposi in quanto sono essi che «non hanno vino», anche se la sposa è assente e lo sposo è figura secondaria che compare solo per essere rimproverato dal maestro del cerimoniale (architriclino). Proprio la particolarità di uno sposalizio senza sposa e con lo sposo che c’è e non c’è, ci apre a prospettive nuove e ci fa dire che essi sono espedienti per andare oltre le ap- parenze come molto spesso Giovanni ci costringe a fare. L’espressione «venuto a mancare il vino» in greco è un genitivo assoluto (funziona esattamente come l’ablativo assoluto in latino) che assume un valore generale, fuori dal contesto stesso in cui si trova. Il verbo « ysteré » in greco se riferito al tempo indica «essere ultimo/venire per ultimo»; se riferito allo spazio significa «venire dopo»; se riferito a persone o cose indica mancanza e privazione e quindi «manco/ho bisogno/sono escluso». L’uso di questo verbo in Gv è un « hàpax » cioè un termine usato una sola volta in tutto il vangelo per cui non si possono fare confronti, ma dobbiamo coglierne il senso solo in questo contesto. Il genitivo assoluto, «venuto a mancare il vino», che in se stesso esula dal testo perché se ne po- trebbe anche fare a meno senza modificare la struttura sintattica della frase, ha invece un valore
RkJQdWJsaXNoZXIy NTc1MjU=