Missioni Consolata - Maggio 2011

MAGGIO 2011 MC 59 MC ARTICOLI NOTE SU MC SOLIDARIETÀ 1 - Si veda il reportage sul sito della televisione CNN-Mexico: http://mexico.cnn.com. 2 - Nel Petén, con la multinazionale francese Perenco: www.perenco- guatemala.com . 3 - Catfa: «Central America Free Trade Agreement». 4 - Acuerdo de asociación , firmato il 19 maggio 2010. 5 - Il sito web di Winaq : www.winaq.org.gt . 6 - Il sito web del partito di Molina: www.partidopatriota.com . 7 - È il drammatico rapporto finale del progetto Recuperatión de la me- moria histórica (Remhi), redatto dalla chiesa cattolica guatemal- teca attraverso il lavoro dei gruppi pastorali di undici diocesi. Due giorni dopo la presentazione di Nunca más , mons. Juan Gerardi, coordinatore del progetto, venne assassinato. 8 - Convenzione Ilo/Oit 169 sui Popoli indigeni e tribali adottata il 27 giugno 1989, entrata in vigore il 5 settembre 1991. 9 - Un sito web sulle lotte contro le miniere in America latina: www.noalamina.org . • Paolo Moiola, La violenza è come un virus , febbraio 2004. • Paolo Moiola, L’ingiustizia non è un dono divino , marzo 2004. Si ringrazia per l’organizzazione il «C OMITATO DI SOLIDARIETÀ CON IL POPOLO DEL G UATEMALA » di Torino (via Perrone 3 bis). blo y de los Recursos Naturales . Non dico che la multinazionale spagnola sia responsabile di quelle morti, ma certamente i fatti sono collegati. Eppure, le popolazioni dicono cose di buon senso: se l’energia elettrica sarà prodotta con l’ac- qua del fiume che passa nei no- stri territori, noi vogliamo essere beneficiari del progetto». La vicenda - drammatica - di Unión Fenosa non è l’unica che vede coinvolte imprese tran- snazionali. È nota la lotta tra i residenti di Sipacapa e San Mi- guel (in gran parte indigeni) e la multinazionale canadese Goldcorp (Montana Explora- dora). Com’è oggi la situa- zione? «La resistenza in Sipacapa è dimi- nuita. Il consiglio comunale ha preso una posizione non favorevole alla popolazione, accettando un’of- ferta della Goldcorp di circa un mi- lione di dollari. È stato un colpo duro anche per i catechisti, molto coinvolti in questa lotta di resi- stenza. Inoltre, qualcuno dei resi- denti ha venduto la terra perché aveva bisogno di soldi. D’altra parte, dato che il governo non ha la forza per fronteggiare il potere economico e i rappresen- tanti del Congresso pensano solo ai benefici personali, l’opposizione alle attività delle multinazionali minerarie può venire soltanto dalle comunità 9 . Noi stiamo ripetendolo nelle nostre zone: dobbiamo conti- nuare con la resistenza pacifica, non possiamo mollare. La loro lotta è la nostra lotta!». Dopo battaglie tanto lunghe ed estenuanti, è difficile mante- nere viva la resistenza... «È così difficile che noi, come diocesi, stiamo lavorando su una “spiritualità della resistenza”. Anche se tanti cattolici non com- prendono le nostre scelte. Non capiscono che non si può vivere in pace se non c’è una promo- zione di alcuni principi quali la giustizia e la verità, la libertà e la solidarietà». Monsignore, lei parla di lotta per la terra, dice che per cam- biare qualcosa occorre andare al potere, è contro i trattati di libero commercio e le multina- zionali minerarie... Una curio- sità: i suoi colleghi vescovi sono tutti come lei? «Non lo so. Sarebbe meglio che lo domandasse a loro. Mi fanno spesso questa domanda metten- domi un po’ in imbarazzo. Io dico sempre che ciascun vescovo ri- sponde ai problemi che vede nella propria diocesi. Il fatto poi di cor- rere più rischi, di avere più prota- gonismo (nel senso buono del termine), ciò dipende dalla scelta personale di ognuno. Tuttavia, pur non osando dare giudizi sugli at- teggiamenti dei miei fratelli, io posso dire che sulle cose fonda- mentali - come l’opzione prefe- renziale per i poveri, l’incultura- zione del vangelo, la difesa dei di- ritti umani- tra di noi c’è unità. Quando poi non si trova l’accordo di tutti, si ricorre alla votazione e vince chi ha la maggioranza. In questi casi occorre lavorare su chi non è convinto. Occorre un’opera di persuasione, soprattutto sui temi sensibili, come il problema agrario o un modello di sviluppo rurale in favore delle grandi mag- gioranze contadine». TANTI FEDELI, POCHI CRISTIANI Chiudiamo parlando di religione. In Guatemala, ci sono molte sette evangeliche (chiese pente- costali). Come sono i rapporti tra queste e la chiesa cattolica? «Fallimentari. Non vogliono sa- pere nulla di ecumenismo. Loro promuovono questa “teologia della prosperità”: se tu verrai con noi, Dio ti benedirà e avrai soldi e successo negli affari. Poi ci sono i predicatori che rie- scono a raccogliere moltitudini con la promessa di guarigioni (va ricordato che il paese ha un servi- zio sanitario gravemente ca- rente). Questi toccano molto i sentimenti, facendo aggio sul senso di insicurezza e di frustra- zione della gente». A parte la questione delle sette, come giudica i cattolici guate- maltechi? «Personalmente considero inac- cettabile che in un paese con una popolazione al 98 per cento cri- stiana ci siano i problemi che ab- biamo. Siamo un popolo molto re- ligioso, ma non lo dimostriamo nei fatti, lottando per una trasfor- mazione della società. C’è un divorzio tra fede e realtà. Molti vengono a messa, fanno la comunione ma poi... Per esem- pio, troppi guatemaltechi non pa- gano le tasse, sono ingiusti nei rapporti di lavoro, trattano male le persone, sono razzisti. La Bib- bia dice: “Per i vostri frutti vi co- nosceranno”. Oggi i frutti della società guatemalteca sono in contraddizione assoluta con il cri- stianesimo. Sarebbe meglio che noi ci dichiarassimo atei piuttosto che cristiani di questo tipo». Paolo Moiola

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