Missioni Consolata - Maggio 2011

Dopo 36 anni di guerra civile, nel dicembre 1996 vengono firmati gli accordi di pace. Il 26 aprile viene assassinato mons. Juan Gerardi, due giorni dopo avere presentato il rap- porto Guatemala: nunca más . Viene firmato il «Trattato di li- bero commercio» - il Catfa - con gli Stati Uniti. Viene eletto presidente Alvaro Colom, che - al ballottaggio di novembre - sconfigge il gene- rale Otto Pérez Molina. 1996 1998 2005 2007 LA CRONISTORIA: ALCUNE DATE SIGNIFICATIVE GUATEMALA 56 MC MAGGIO 2011 ammazzati 72 migranti, dei quali 14 erano del Guatemala e tra questi 3 appartenevano alla mia diocesi. E poi c’è il problema delle depor- tazioni. Soltanto nel 2010 ci sono stati 135mila guatemaltechi de- portati dagli Stati Uniti e dal Mes- sico. Anche in termini economici questo dato è devastante, consi- derando che le rimesse dall’e- stero sono la seconda entrata per il Guatemala. Negli Usa ci sono circa un milione di guatemalte- chi: immagini cosa accadrebbe se tutti questi venissero rimpa- triati». In Guatemala, i presidenti sem- brano tutti eguali. Anche gli ul- timi due, Oscar Berger e Alvaro Colom, non hanno agito diver- samente. È così? «I loro governi hanno portato avanti una politica neoliberale. Questo significa privilegiare gli investimenti stranieri, favorendo la presenza delle compagnie transnazionali. Prendiamo la multinazionale canadese dell’oro Goldcorp , una delle più grandi del mondo, che opera proprio nel territorio di San Marcos. Loro pa- gano soltanto l’1 per cento di royalties . Nel frattempo, l’oncia d’oro, in soli 3 anni, è passata da 420 dollari agli attuali 1.460 dol- lari. Loro continuano a darci l’1 per cento, usando tutta l’acqua che vogliono con il rischio pe- renne dell’inquinamento. In- somma, i vantaggi per il Guate- mala sono inesistenti. E ancora oggi si firmano accordi per l’e- strazione del petrolio 2 . Comunque, a parte la questione delle multinazionali, tutte le poli- tiche governative favoriscono la concentrazione della ricchezza nelle mani di pochi. Recenti studi dicono che in Guatemala 56 fami- glie detengono tutte le ric- chezze». LATIFONDO, BIOCOMBUSTIBILI E PAPAVERI A proposito di concentrazione, anche le terre sono nelle mani di pochissimi proprietari. La piaga del latifondo è ancora un problema irrisolto? «Assolutamente sì! Il problema del latifondo c’è ancora oggi, nel 2011. Oltre a ciò vige un sistema – io lo vedo personalmente anche nella mia zona - quasi feudale per i lavoratori, i quali non hanno diritto all’assistenza sociale né alle vacanze né alla pensione. Addirittura non sono padroni del pezzo di terra dove abitano all’in- terno della finca . In qualsiasi mo- mento possono essere espulsi e cacciati via. Quindi, in Guatemala, il sistema latifondista persiste ed ora con una caratteristica in più: molta terra viene utilizzata per la coltivazione della palma africana per produrre biocombustibili. È qualcosa di inaudito ed incom- prensibile che, in un paese dove i bambini non ricevono cibo suffi- ciente, si usi la terra per coltivare palma africana o canna da zuc- chero per produrre biocombusti- bili! Ancora una volta si dimostra che abbiamo governi deboli o in- capaci di affrontare il potere eco- nomico dei latifondisti. Stando così le cose, nella mia regione i contadini hanno iniziato a colti- vare i papaveri da oppio. Dicono che è il solo modo di sopravvivere per essi e le loro famiglie». Nulla di nuovo sotto il sole: i problemi sono quelli di sempre. Che fare per uscire da una si- tuazione che pare perpetuarsi senza soluzione di continuità? «Molti di noi nella Pastorale so- ciale ci facciamo questa domanda. Cosa possiamo fare? Cosa dob- biamo fare? Siamo arrivati alla conclusione che soltanto arrivando al potere politico si possano cam- biare le cose. Certamente non vo- gliamo tornare alle sofferenze che ha significato il conflitto armato. Abbiamo sofferto tanto che prefe- riamo non ripetere quell’espe- rienza. Tra parentesi, una cosa in- teressante. Poco tempo fa è stata fatta un’inchiesta tra i giovani. La domanda era: voi sareste d’ac- cordo se ci fosse un colpo di stato? La risposta è stata sì, siamo d’ac- cordo con il colpo di stato. La cosa non mi stupisce. Adesso abbiamo un Congresso della re- pubblica che è un disastro. Ab- biamo un governo che non ascolta le grida della popolazione. Per esempio, sul tema delle miniere, sullo sviluppo rurale e così via. Per questo molti non credono più nel sistema dei partiti politici. In questo momento, stiamo discu- tendo su come articolare i movi- menti sociali di diverso genere e tendenze. Credenti o non credenti non importa, la cosa importante è che le persone abbiano il desiderio di un Guatemala diverso, molto di- verso da quello che abbiamo adesso. Vogliamo fare una propo- sta pubblica ai candidati delle ele- zioni di settembre dicendo loro: noi vorremmo che il Guatemala fosse così e così, che il presidente avesse questo profilo, eccetera. Tuttavia, l’idea principale è di costruire un grande movimento sociale che si presenti non a queste ma alle suc- cessive elezioni. Perché, lo ripeto, noi siamo convinti che soltanto ar- rivando al potere politico si pos- sano cambiare le cose». Che pensa del «Trattato di li- bero commercio» (Tlc) cui an- che il suo paese ha aderito? «Il Trattato di libero commercio con gli Stati Uniti - il Cafta 3 - non ha avuto un’influenza positiva. Tutte le analisi dicono che finora i risultati sono stati negativi per il paese. Io ero contrario al Tlc con gli Stati Uniti perché vedevo che non conveniva al paese».

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