Missioni Consolata - Maggio 2011

MAGGIO 2011 MC 39 MC NEI SANDALI DI PIETRO neutica, la giustificazione, la riconciliazione della me- moria e la revisione storica di certi periodi dolorosi del passato, l’identificazione della Chiesa come sa- cramento e creatura del mondo. Il frutto del primo dialogo è il documento La presenza di Cristo nella Chiesa e nel mondo (1977); il secondo stadio di tale dialogo ha prodotto la dichiarazione: Verso una co- mune comprensione della chiesa (1990). GIOVANNI PAOLO II APOSTOLO DI UNITÀ Papa Wojtyla è certamente un apostolo dell’unità; cercò e incoraggiò l’unità tra le chiese cristiane; la convinzione dell’unità già esistente sia tra i cristiani, in quanto accolgono Cristo come Signore e salvatore, sia tra gli esseri umani, in quanto figli dello stesso Dio creatore, lo spingeva a cercare i leaders di altre religioni nei suoi giri attorno al mondo. In ogni visita pastorale inevitabilmente incontrava i capi religiosi locali. Parlò agli ebrei nel 1986 nella sinagoga di Roma: primo papa a rivolgersi agli ebrei nella loro si- nagoga dopo la rottura nel primo secolo; pregò al Muro del pianto a Gerusalemme durante il Giubileo del 2000; visitò la moschea di Damasco nel 2001, spiegando concretamente la comune fede nel Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe. Con questi gesti simbo- lici ha impresso un chiaro orientamento al cammino ecumenico. L’unità che cerchiamo come cattolici non è un’unione superficiale o semplicemente di lavoro a spese della verità. Infatti, non c’è salvatore all’infuori di Cristo e la pienezza della fede cristiana si trova solo nella chiesa cattolica. Tutto ciò è insegnato è ri- badito in modo netto nella dichiarazione Dominus Ie- sus . L’unità che la chiesa cerca non è un falso «ireni- smo», ma scaturisce da un onesto desiderio e impe- gno per la pienezza di fede e verità. Il compromesso, quindi, non è la strada per l’ecumenismo; mentre la ricerca sincera e il dialogo è la via da percorrere. Il Papa ha evidenziato che l’unità delle Chiese non può essere forzata. I cristiani credono che la piena unità visibile delle Chiese nell’unica Chiesa di Dio è dono di Dio e non può essere imposta solo con sforzi umani. Con tale convinzione, il credente si sente an- corato alla ricchezza spirituale della propria tradi- zione e, al tempo stesso, sganciato da qualsiasi inde- bito attaccamento a propri sforzi. Questo ci fa fare maggiore affidamento nella preghiera, così che il dono dell’unità possa essere concesso alle chiese (cf Uus 21-27). Per questo ogni anno a gennaio si celebra la settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. Venerdì 8 aprile 2005, quando il mondo si riunì per seppellire il tanto amato e apprezzato apostolo del- l’unità e della pace, assistemmo alla recita di pre- ghiere funebri, dopo la celebrazione eucaristica, da parte dei cardinali cattolici delle chiese orientali. Questo commovente rito come pure la presenza di numerosissimi leaders di altre comunità cristiane mostrò al mondo che l’unità delle Chiese è una possi- bilità reale. Forse ciò per cui Giovanni Paolo II aveva tanto spe- rato, desiderato e pregato - la piena unità visibile delle chiese a Est e a Ovest - diventerà una realtà grazie alle sue benedizioni e preghiere in cielo, così che la Chiesa di Cristo respiri con tutti e due i pol- moni, quello orientale e quello occidentale. Più tardi, secondo i tempi di Dio, la piena unità visi- bile dell’unica Chiesa sarà resa visibile con l’abbrac- cio dei cristiani delle comunità della riforma e post- riforma. Intanto, continuiamo a pregare con Gesù «perché siano tutti una sola cosa come tu sei in me e io sono in te» (Gv 17,21), e proseguiamo con «fiducia, pazienza, costanza, dialogo e speranza», parole chiave del nostro cammino ecumenico, lasciateci dal beato Giovanni Paolo II. George Kocholickal sdb Professore di ecclesiologia ed ecumenismo Tangaza College (Nairobi)

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