Missioni Consolata - Dicembre 2010

DAL KENYA ALL’ETIOPIA Dopo Nkubu e Chuka, ormai ben stabiliti, nel 1963 fu mandata ad avviare il Nazareth Hospital, a due passi da Nairobi. L’ospedale era ancora in costruzione, così cominciò nella casa del colono inglese da cui le suore della Consolata avevano acquistato la terra (era l’anno dell’indipen- denza, e gli inglesi vendevano volentieri). Lasciato il Nazareth nelle mani di sr. Prisca Gobbo, nel 1970 dovette ricominciare di nuovo. Ad Ishiara, nell’Embu, i sacerdoti fidei donum di Venezia avevano costruito un nuovo ospedale, ma le suore che dove- vano venire a gestirlo non erano arrivate. Allora le superiore pen- sarono ancora a sr. Corona. Mentre era ad Ishiara a ricomin- ciare ancora una volta, missio- nari e missionarie della Conso- lata erano riusciti ad ottenere il permesso di rientrare in Etiopia, da dove erano stati cacciati in- sieme all’esercito italiano scon- fitto. La suora trentina, ormai esperta, fu scelta per iniziare la nuova avventura. Ci volle tutto il suo coraggio, condito da tanta fede e un pizzico d’incoscienza, per accettare. La richiesta le era arrivata all’ora di pranzo per mezzo di una lettera portata a mano, e la superiora voleva una risposta immediata a mezzo delle stesse messaggere. «Mi sono ritirata un po’ e mi sono detta, “Signore, l’Etiopia è la terra del Fondatore e della Ma- donna. Ho visto tanti missionari che hanno veramente sofferto perché sono stati espulsi da là. Come faccio a rifiutare?”. Mi spaventava la lingua, ma come avevo imparato il kemeru , il ki- swahili , un po’ di kikamba e per- sino un po’ di gucialati per ca- pirmi con gli indiani che veni- vano all’ospedale, imparerò an- che l’ amarico . Povera me, non sapevo che era scritto in quella maniera». In attesa del visto, sr. Corona passò un paio di anni a Torino, dove servì nell’infermeria di Casa Madre e del seminario teo- logico, allora ancora pieno di ol- tre sessanta chiassosi giovanotti, tra cui il sottoscritto. Il 22 agosto 1974 partì per Addis Abeba dove familiarizzò con l’ amarico . L’11 settembre dello stesso anno ci fu il colpo di stato comunista contro l’imperatore Hailé Selas- sié e tanta gente fu uccisa. Ri- mase in Etiopia per 11 anni, prima nel Wollega e poi ad Asella. «Sono stati anni molto difficili. C’era sempre soldati in giro, tutto era nazionalizzato, nessuno era più padrone di niente, nessuno poteva andare in chiesa e la domenica gli uomini erano al lavoro comunitario e le donne dovevano far da mangiare per i militari. Era una vita molto dura, in mezzo a tanta povertà. In quelle condizioni mi sono am- malata, ero molto debole e stanca, in più ho avuto una rea- zione allergica ad una medicina. Sono dovuta tornare in Italia per farmi curare». IN MEZZO AI CLASHES Una volta rimessa in sesto, fu ri- spedita in Kenya. Per alcuni anni fu nel dispensario di Maralal (dove ci incontrammo), poi nel 1992 fu trasferita a Mombasa, zona di Likoni. E là, per due volte, si trovò con la missione in- vasa dalla gente a causa dei cla- shes (scontri tribali), la prima volta nel 1992, la seconda nel 1997. «La prima volta arrivarono 10.000 rifugiati. Erano dovunque: in missione, in chiesa, nella scuola, asilo e cortile. Quando sentii che avevano cominciato a bruciare le case, andai con sr. Ester a comperare un po’ di fa- gioli e granoturco da dare a chi era nel bisogno. Invece, dopo pranzo, la gente cominciò ad in- vadere la missione. Chiamai p. Angelo (Fantacci), il parroco. “Che facciamo?” Togliemmo i banchi della chiesa e la riem- pimmo di donne e bambini. Tutti i locali erano pieni, e il cortile era diventato un grande accam- 60 MC DICEMBRE 2010 MISSIONE # A sinistra: sr. Corona nella casa per suore anziane a Gitoro, Meru, con ( a destra ) sr Lina Ambrogia (1930) e ( a sinistra ) sr Lucietta (1936) e sr. Gemma Rita (1933). # Sotto: in ascolto dei problemi di una mamma negli slum di Meru.

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