Missioni Consolata - Dicembre 2010

DICEMBRE 2010 MC 53 MC ARTICOLI sono i talebani, ma è il “talibani- smo”, che è abbastanza radicato (1) . Voglio ricordare che noi siamo mu- sulmani, ma non siamo arabi e non parliamo arabo; noi preghiamo in arabo come lingua sacra, senza ca- pire il suo significato. L'islam è la nostra religione, ma la nostra cul- tura è del subcontinente indiano. I fondamentalisti cercano di arabiz- zare la nostra cultura, ma non riu- sciranno mai». D’accordo, ma i talebani sono pash- tun e non arabi… «È vero che i taliban sono pashtun , ma il modello che propongono è il modello delle società arabe. Per esempio, la sharia , la sunnah . Nel subcontinente abbiamo un islam in- diano: il matrimonio, la morte, il modo di pensare, i vestiti, la cre- denza nelle tombe dei santi popo- lari che portano alla rincarnazione, tutte queste sono abitudini indiane. Il problema è che la nostra società di oggi è diventata talmente insi- cura di sé che alcuni pensano e ve- dono nell'islam fondamentalista una soluzione». A parte il fondamentalismo, alcuni comportamenti del tuo paese certa- mente non favoriscono il dialogo. Ad esempio, le discriminazioni verso i non-musulmani. «Il Pakistan nasce nel 1947. Subito dopo si sviluppa il fenomeno della discriminazione linguistica contro i bengalesi. Così, nel 1971, il Paki- stan dell’Est (oggi Bangladesh) si stacca dal Pakistan dell’Ovest. Poi , per più di 40 anni, i generali del- l’esercito comandano il paese, schiacciando ogni speranza di de- mocrazia. Ma il vero dittatore è stato il gene- rale Zia Ul- Haq, avendo alimentato le discriminazioni razziali, etniche e religiose. Sono sue le leggi contro i non musulmani soprattutto con- tro i Qadiani (2) . Il fondamentalismo statale ha eliminato tutto il lavoro interculturale fatto nei secoli pre- cedenti. Oggi in Pakistan la guerra tra sciiti e sunniti è spaventosa. An- che i cristiani hanno sofferto molto a causa della legge sulla blasfe- mia (3) , fatta sempre dal generale Zia Ul- Haq. Quando un paese sce- glie di essere monoculturale signi- fica che ha scelto il suicidio». In Occidente è quasi un’equazione matematica: islamici=terroristi. Ad intervalli regolari, si dice che Osama Bin Laden, Ayaman al- Zawahiri e il Mullah Omar vivano tranquillamente in Pakistan. Che ne pensi? «In tutti i paesi islamici negli anni ‘60 e ‘70 era fallito il progetto della identità nazionale, perché - dopo il colonialismo - questa ricetta era su- perficiale: i popoli di questi paesi non avevano mai praticato il nazio- nalismo. Al contrario, l’identità re- ligiosa per loro era molto più facile e vicina. Purtroppo, dopo la cre- scita dell’identità religiosa, è su- bentrato anche il fondamentalismo politico per dare una risposta ai no- stri dittatori di stile occidentale e corrotti fino al collo. Chiaro che, dove cresce il fondamentalismo, si sviluppa anche il terrorismo». Ejaz, il Pakistan ha gravi problemi di sottosviluppo, eppure è una po- tenza nucleare... «Si chiama “bomba dei poveri”. Una buona parte del budget nazio- nale va speso per sostenere l’eser- cito più forte nel mondo islamico, ma allo stesso tempo un popolo di 180 milioni di persone soffre di po- vertà, malattie e carestia. Questa bomba serve per rispondere al ne- mico India, ma l’India cresce eco- nomicamente, mentre il Pakistan è sempre più povero e pericoloso per il mondo». Torniamo all’Italia. Secondo te, è possibile una convivenza civile e ri- spettosa tra pakistani ed italiani? «Ci sono tanti pregiudizi da com- battere. Pakistan e Italia sono due paesi che possono costruire ponti di amicizia per salvare i milioni di poveri in Pakistan. Noi 100 mila pakistani stiamo lavorando in Ita- lia come braccia per sollevare la economia di questo nostro secondo paese. Non ci sono ponti culturali tra due paesi. Dobbiamo e possiamo costruire la amicizia mettendo da parte i nostri stereotipi, precon- cetti e egocentrismi». Tu hai sposato un'italiana. Ci puoi raccontare qualcosa? «Mia moglie e io siamo persone ap- partenenti a due culture diverse. A casa nostra, la Bibbia e il Corano stanno nello stesso scaffale della li- breria. Abbiamo due figli di 9 e 5 anni. Valentina è stata 9 volte in Pakistan e io rispetto molto la fami- glia e la cultura di mia moglie. Siamo insieme da 20 anni. Pro- blemi ce ne sono, ma quelli quoti- diani. I nostri figli hanno nomi ita- liani e cognomi pakistani. Sono bambini di due culture». Paolo Moiola 1 - Sui talebani si legga: Jonathan Steele, La terra dei taliban , Internazionale n. 865, 24 settembre 2010. Inoltre, secondo il New York Times del 19 ottobre 2010, si stanno svol- gendo trattative di alto livello tra governo afghano, Nato e talebani per arrivare ad un accordo di pace nel paese. 2 - Corrente dell’islam, condannata come eretica e costituzionalmente non-musul- mana (1973), poi perseguitata sotto i governi del generale Zia. 3 - Introdotta nel 1986, commina la morte a coloro che sono accusati di offesa al pro- feta Maometto. Nel 1998, il vescovo cattolico John Joseph si uccise per contestare la norma. mericani, appartenenti agli strati più poveri della popolazione, fu- rono gli ultimi ad essere soccorsi e quelli che sopportarono le con- seguenze più pesanti del disa- stro. MATRIMONI COMBINATI E DRAMMI FAMILIARI In Italia ci sono circa 80-100 mila pakistani, il 70 per cento dei quali vive nel Nord Italia. La maggiore

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