Missioni Consolata - Dicembre 2010

DICEMBRE 2010 MC 51 MC ARTICOLI REPORTAGE HUSSAIN E KARAMULLAH P ESHAWAR ( FRONTIERA NORD - OVEST ). Soltanto il Khyber Pass separa Peshawar dal confine afghano. La città, che sotto un’apparenza trascurata nasconde le vestigia di un tempo, è abitata quasi totalmente da gente pashtun , etnia cui appartengono anche i talebani. Stringo in mano un bigliettino datomi da Munir, un ragazzo di Gil- git. «A Peshawar va’ a trovare i miei familiari. Sono commercianti di tappeti», mi aveva detto. Sulla carta è scritto « Khyber bazar, Kamran market ». Sembra fa- cile, finché non vedi il palazzo: ogni stanza è una bot- tega di tappeti e ogni venditore vuole trascinarti a ve- dere la sua mercanzia. Farsi capire, inoltre, non è im- presa delle più semplici. Finalmente trovo la porta dell’« Afghan Carpets House ». Ogni lato della stanza è occupato da alte pile di tappeti, che sono mercanzia e arredamento a un tempo. Un uomo dalla folta capigliatura nera e barba ben cu- rata sta spostando alcuni tappeti; un altro è seduto per terra intento nella lettura del Corano, mentre in un an- golo due ragazzi e un uomo armeggiano con alcuni qua- derni. Appena spiego di essere lì su suggerimento di Munir, l’atteggiamento diventa molto amichevole. Si fanno le presentazioni: Muhammad Hussain e Karamullah sono fratelli e gestiscono il negozio del padre. Dall’angolo mi salutano anche i due ragazzi e l’uomo che è con loro: «I nostri fratelli minori stanno studiando l’inglese con un maestro». Muhammad Hussain è il fratello più vecchio. «La mia famiglia - racconta - lasciò l’Afghanistan ai tempi del go- verno comunista. Ora viviamo in Pakistan lavorando come commercianti. Al mio paese torno una volta al mese per comprare tappeti per i nostri negozi». Per voi musulmani io sono un «infedele»: che significa? «Sta scritto che l’ultimo profeta chiamerà la gente all’islam. Quelli che accetteranno l’invito avranno successo nel mondo e dopo il mondo; quelli che non saranno musul- mani saranno messi all’inferno. Nel sacro Corano Allah onnipotente dice: “Io sono contento con l’islam come tua religione”. In un altro passo del libro sacro Allah af- ferma: “Io ho completato la tua religione: essa è una re- ligione perfetta. È la migliore delle religioni. Una reli- gione diversa dall’islam non è accettabile”». Allora, obietto, gli islamici non possono tollerare la presenza di religioni diverse dalla loro? «In accordo con quanto scritto nel sacro Corano, nessuna religione è accetta- bile al di fuori dell’islam. Tuttavia, in Pakistan musul- mani e cristiani vivono in pace». Karamullah, il fratello più giovane, è sposato e ha due bambini. Non porta la barba, ma soltanto un paio di baf- fetti che non dissimulano la giovane età. Il profugo af- ghano non nasconde la propria simpatia per i talebani (...) (*). I due giovani studenti, ormai distratti dalla mia pre- senza, si avvicinano portando bicchieri fumanti, colmi di un thé che riempie la stanza di profumi speziati. Tra un sorso e l’altro, chiedo di spiegarmi la condizione delle donne nei paesi islamici: «I diritti delle donne - dice Karamullah sforzandosi di trovare le parole inglesi più adatte - non sono quelli che vengono esaltati nei paesi occidentali. L’islam ha attribuito diritti suffi- cienti alle donne, perché Allahmisericordioso, creatore di tutti gli uomini, conosce bene ciò che è giusto fare. La donna ha una grande dignità nella società islamica. I fi- gli crescono nelle braccia delle madri e ricevono molto amore. Tra le mura di casa la donna agisce come un capo assoluto. Il marito invece lavora all’esterno in con- dizioni diverse. Tutto ciò che guadagna lo porta in fami- glia. In molte società non musulmane le donne sono considerate come animali da utilizzare per la felicità sessuale degli uomini. Il flagello dell’Aids non è altro che un castigo divino per questi comportamenti». Alle cinque in punto Karamullah si interrompe e mi chiede qualche minuto di pausa. Prende il suo perso- nale tappetino, lo distende, si inginocchia e inizia il ri- tuale della preghiera. Terminato il suo dovere di buon musulmano, torna a conversare con me. Non ti sembra - gli chiedo - che la sharia sia uno stru- mento disumano che rende la punizione molto simile alla vendetta? «No, la sharia è giusta! Quando ad un la- dro viene tagliata una mano, non è solo una punizione, ma anche un esempio per far comprendere agli altri che rubare è male». Obietto che il male è anche altrove: per esempio, nella corsa alle armi nucleari intrapresa da Pakistan e India. «I paesi poveri non costruirebbero armi distruttive, se i paesi coloniali non li incoraggiassero». Mi accorgo che il tempo è volato: sono passate più di due ore dal mio arrivo nella bottega di Hussain e Karamul- lah. Fuori è sceso il buio e il grande bazar si è quasi svuotato. Prima di andarmene, ci abbracciamo come vecchi amici. A dispetto delle nostre grandi diversità. Paolo Moiola (*) Il viaggio raccontato in questo reportage è avvenuto anni fa, quando i talebani erano al governo dell’Afghanistan. Lo ripropo- niamo, pur tagliato in alcune sue parti (cfr. Missioni Consolata , dicembre 2001), perché rimane significativo ed attuale. Due fratelli afghani, di professione commercianti, emigrati a Peshawar, in Pakistan, parlano del loro paese e dei talebani. Ali Zardari, vedovo di Benazir Bhutto, personaggio poco limpido, già coin- volto in vari scandali. Il governo Zar- dari gode oggi di molta impopolarità, dentro e fuori del paese, per l’inca- pacità di contrastare la violenza e la pessima gestione dell’emergenza durante le alluvioni. A causa della pluralità e complessità

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