Missioni Consolata - Dicembre 2010
partecipazione a un funerale in- sieme al cappuccino padre Al- feo. «Saputo della morte di un importante capo musulmano del villaggio, andammo a dare il pole, le condoglianze. Furono sorpresi e apprezzarono il gesto di vicinanza e condivisione nel lutto. Ricordo che ci togliemmo le scarpe e pregammo con loro. Certamente quel gesto ci aprì le porte non solo delle loro capan- ne, ma di una convivenza tran- quilla e rispettosa, che continua ad andare avanti benissimo. Fu allora che iniziammo seminari, momenti di scambio e di pre- ghiera insieme che continuano ancora oggi». «Ricordo la profonda gioia - continua suor Zita - e il nuovo senso di missione sperimentati durante il mio primo incontro con un gruppo di musulmani e cristiani in questa zona. Narrai loro semplicemente il mio per- corso verso la comprensione della loro fede e recitai in arabo la prima sura del Corano. I mu- sulmani si mostrarono sorpresi e felici allo stesso tempo. Era infatti la prima volta che senti- vano una suora cattolica parlare la lingua della loro fede. Si sus- seguirono altri incontri e crebbe anche un rapporto di stima reci- proca. Dapprima riflettemmo insieme sui molti problemi pre- senti nella società odierna. Que- sto ci convinse dell’importanza di incontrarci, musulmani e cri- stiani, per ulteriori riflessioni e formazione. Fu programmata una serie di seminars su temi sociali come: Aids, aborto, spac- cio e uso di droga, diritti umani di donne e bambini». musulmani chiamiamo Allah, i cristiani invece Gesù. Il rispetto vissuto nella povertà e nelle dif- ficoltà di questa zona non porte- rà mai uno di noi a far del male a un fratello tanzaniano solo perché non musulmano. E anche in futuro, i nostri figli conserveranno la memoria e le esperienze dei loro padri e non succederà nulla. Sicuramente ci saranno in Tanzania anche grup- pi influenzati da fondamentalisti, ma il nostro popolo è stato for- giato dall’esempio di vita e dagli insegnamenti del Mwalimu Nye- rere (presidente del Tanzania dal 1964 al 1985) che ha saputo istruire le menti e i cuori dei tan- zaniani, dimostrando come la pace e la collaborazione siano alla base della civiltà di un popo- lo. Sono certo che i nostri figli sapranno cosa fare della loro vi- ta», conclude Iddi Rashidi. DALLA CONVIVENZA ALLA COOPERAZIONE Uno dei momenti fondamentali di apertura al dialogo con i mu- sulmani di Kibiti, racconta suor Ida Luisa Costamagna, è stato la Dopo numerosi incontri nacque l’associazione Uwawaru. Gli inizi si devono all’opera del padre cappuccino e di alcune missio- narie della Consolata; ma la na- scita ufficiale risale al 1998. Non fu un cammino facile, dato che in quest’area c’è una forte pre- senza di musulmani integralisti che spesso minacciavano i mu- sulmani di buona volontà che la- voravano alla formazione di tale Unione. Arrivarono al punto di rivolgersi al governo centrale, dicendo che l’Unione era haram -proibita- secondo il Corano. Ma l’iniziativa riuscì ad affer- marsi grazie alla tenacia di un altro missionario, padre Adal- berto Galassi, maceratese, scomparso precocemente a 61 anni, nel 2002. Da quel momen- to suo fratello Vittorio ha conti- nuato a portare avanti le opere avviate dal missionario scom- DICEMBRE 2010 MC 45 MC ARTICOLI # A destra, una strada di Mbagala, tra Dar es Salaam e Kibiti, durante la stagione delle piogge. # A sinistra, un’anziana donna ma- konde, etnia rifugiatasi nel sud del Tanzania durante la guerra in Mozambico. # Uomo con infezione agli occhi, dovuta a una mosca che vive nella zona del Rufiji (Kibiti). . # In basso, una delle piccole moschee, con relative scuole coraniche, della regione del Rufiji.
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