Missioni Consolata - Dicembre 2010

32 MC DICEMBRE 2010 Gli u’wa, consci delle possibilità infime di poter vincere un simile confronto, passano all’azione. Con molta di- gnità, minacciano il suicidio: «Fino a che un ultimo u’wa vivrà, combatterà per la salvezza della Madre Terra», dicono. Avvocati amici, attivisti si schierarono apertamente al loro fianco. Parte una campagna inter- nazionale che agglomera rabbia e speranza di tanti. As- sieme, inizia la causa per frode che vede gli u’wa contro la Oxy. E succede il miracolo: la Corte costituzionale colombiana dà ragione agli u’wa. Che si appellano alla «Commissione interamericana per i Diritti umani». Ini- zia un balletto di carte, sentenze, ammissioni e ritratta- zioni. Le multinazionali lasciano il Blocco Samorè. Ma non è finita. ELICOTTERI, LACRIMOGENI, CINGOLI DI METALLO E SCARPONI MILITARI Nel 2000 il Dipartimento di stato statunitense stanzia 1,6 milioni di dollari per armare le forze dell’ordine, che addestreranno quelle colombiane. La mattina del 19 gennaio, il governo colombiano entra con l’esercito nel territorio u’wa. Qualche giorno dopo, sferra l’attacco: 5.000 soldati sono mandati a fronteggiare 5.000 indi- DANILO RUEDA (COMMISSIONE GIUSTIZIA E PACE) «MINACCIATI, CRIMINALIZZATI, CENSURATI» Nella spirale della guerra: popolazioni native, campesinos, sindacalisti, organizzazioni dei diritti umani. «I n Colombia è sempre grave la si- tuazione dei diritti umani. In que- sto panorama, la Comisión de Ju- sticia y Paz lavora da anni per la verità, la giustizia, la ricostruzione e la memoria. Accompagnando comunità rurali in varie zone della Colombia, permette la difesa della vita, dei diritti umani e dell'am- biente, attraverso la creazione di zone umanitarie e per la biodiversità, assieme alle comunità locali. Secondo una fonte, contro i membri della Commissione Giu- stizia e Pace è in atto un piano di attacco su due fronti: uno giudiziario e mediatico ed un altro persecutorio, con la compli- cità di agenti dello stato. Coloro che trag- gono vantaggio dalla violenza paramili- tare per ottenere i noti benefici prove- nienti dal commercio della palma, dall'al- levamento intensivo e dalla coltivazione dei banani, si occupano anche di scredi- tare il lavoro di coloro che difendono i di- ritti delle comunità, sfollate e danneg- giate proprio da queste stesse imprese. Ancora una volta, un'organizzazione per la difesa dei diritti umani è vittima di un attacco. Questa situazione in Colombia non è eccezionale. Coloro che vorrebbero continuare ad agire nella totale impunità si vedono “minacciati” dal lavoro delle organizzazioni della società civile. Per questo, sempre di più, i difensori dei di- ritti umani e dell'ambiente sono minac- ciati, criminalizzati o censurati, per osta- colare il loro lavoro». Questo è parte di un comunicato del set- tembre scorso, che denunciava aperta- mente le minacce subite da membri della Commissione Interecclesiastica Justicia y Paz (CIJYP). Da più di dieci anni questa associazione si occupa dell’accompagna- mento delle comunità indigene e conta- dine «desplazadas», nei territori dai quali sono state allontanate con la vio- lenza dalle organizzazioni paramilitari. Come molte associazioni per i diritti umani in Colombia, Justicia y Paz vive in uno stato di assedio. In media, in Colom- bia viene ucciso un attivista al mese. Am- nesty Internacional calcola che ogni anno circa 1.500 civili rimangano uccisi nel conflitto armato che insanguina il Paese da oltre mezzo secolo. Quasi 200 sono le vittime di sparizioni forzate, so- prattutto nel sud del Paese, particolar- mente colpito a causa dei combattimenti in corso tra le forze di sicurezza, parami- litari e i gruppi della guerriglia. Gli sfol- lati a causa del conflitto hanno dovuto af- frontare condizioni di profonda e radi- cata discriminazione ed emarginazione, che hanno reso ancor più difficile per loro accedere a servizi di base come sa- nità e istruzione. I gruppi della guerriglia e paramilitari reclutano forzatamente bambini. Anche le forze di sicurezza uti- lizzano bambini come informatori, con- travvenendo alla Direttiva del 2007 emessa dal ministero della Difesa che proibiva l'impiego di bambini per scopi di intelligence . Ogni anno, altre 300 persone sono vittime di esecuzioni extragiudiziali da parte delle forze di sicurezza. I para- militari al soldo delle imprese straniere che operano in Colombia per petrolio, agrocombustibili, attività di estrazione mineraria, commercio di banane e di zucchero, e naturalmente per il narco- traffico, continuano a uccidere civili e a commettere altre violazioni dei diritti umani, a volte con il supporto o l'acquie- scenza delle forze di sicurezza. Si calco- lano fra i 400 ed i 500 morti ammazzati ogni anno per mano loro. Nel 2009, oltre 180 uccisioni di civili sono state attribuite ai gruppi della guerriglia. Almeno 46 sindacalisti sono stati uccisi nel corso dell'anno passato, 20.000 le sparizioni forzate ed un numero di sfollati in costante crescita (oltre 4 milioni): solo nell'anno scorso, i nuovi sfollati sono stati oltre 286.000. Tra i maggiormente colpiti sono risultati i popoli nativi, gli afro-americani e i campesinos (conta- dini). Il governo si è rifiutato di appog- giare un progetto di legge sulle vittime del conflitto, che avrebbe garantito loro dei risarcimenti. In particolare, sono le popolazioni indi- gene - ridotte a meno del 2% della popo- lazione colombiana - a soffrire delle vio- lenze e dell’impunità di chi le compie. Nel corso della sua visita in Colombia, il Re- latore speciale delle Nazioni Unite ha de- scritto la situazione dei diritti umani che le popolazioni native si trovavano ad af- frontare in Colombia come «un grave, critico e profondo motivo di preoccupa- zione». Durante l'anno sono stati uccisi 114 tra uomini, donne e bambini nativi. E sono solo i dati ufficiali. Questo è il desolante scenario in cui i di- fensori dei diritti umani devono operare.

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