Missioni Consolata - Dicembre 2010

DICEMBRE 2010 MC 19 # Angelica Edna Calò Livné mentre parla di integrazione multiculturale. trascorso quindici giorni in Terra Santa, nell’intento di ascoltare le loro esperienze e offrire con la sua testimonianza una cono- scenza più completa e articolata di Israele. DA ROMA AL KIBBUTZ IN GALILEA Angelica ha iniziato a parlare ri- cordando la sua esperienza di ebrea romana, che ha vissuto l’adolescenza sul «confine», tra ebrei e cristiani, tra ebrei osser- vanti ed ebrei di ideali sionisti. A 20 anni ha preso la decisione di concretizzare quell’amore per Israele che condivideva con i ge- nitori con una scelta di vita radi- cale: andare a vivere in kibbutz . Così da 35 anni vive a Sasa, un kibbutz dell’Alta Galilea, nei pressi del confine libanese, nelle vicinanze del quale sorgono un villaggio druso, uno circasso, un villaggio di arabi prevalente- mente cristiani, uno di arabi a maggioranza mussulmana. Nel kibbutz , uno dei pochi che resistono alle trasformazioni in atto nella società israeliana, ha potuto dar corpo, insieme a suo marito Yehuda, alla sua passione per l’educazione e per il teatro. Al tempo dell’ intifada (1987) ha deciso di porre a servizio della pace la sua missione di educa- trice e la sua esperienza di at- trice e regista fondando nel 2002 il Teatro dell’Arcobaleno, il cui nome allude alla varietà di ra- gazzi che lo compongono, di et- nia e religione diversa, ed evoca al tempo stesso il simbolo bi- blico per eccellenza della pace. Ha ripercorso la storia di quella che è diventata nel frattempo una fondazione, la Fondazione Beresheet la Shalom (in principio la pace), intrecciando nel rac- conto le vicende del teatro, le dif- ficoltà incontrate a livello econo- mico-amministrativo, i momenti di scoraggiamento, ma anche gli aiuti inaspettati, i riconoscimenti ottenuti..., con la storia dei suoi ragazzi. Grazie a lei, essi hanno imparato il linguaggio universale dell’arte, ma soprattutto hanno imparato a conoscersi, ad accet- tarsi, al punto da sentirsi come appartenenti a una grande fami- glia. Quando il tempo del teatro finisce e inizia quello dell’univer- sità e del lavoro per gli arabi e dell’esercito per gli ebrei, ricor- dano ad Angelica che sono e sa- ranno sempre i suoi figli. LA STORIA DI MOR Due episodi in particolare sono impressi nella mia memoria. Il primo è legato alla storia di Mor, la ragazzina ebrea che, in va- canza in Kenya, si è trovata con i genitori e i fratelli nell’albergo di Mombasa oggetto nel 2002 di un terribile attentato. Mor ha visto tutto l’orrore di quella strage e ha deciso di non frequentare più il teatro di Ange- lica: da quel momento ha odiato gli arabi. Angelica ha insistito perché almeno tornasse a salu- tare i suoi amici ebrei, Mor ha accettato. Angelica ha preparato un’azione teatrale che aiutasse ad allen- tare la tensione che ognuno si portava nel cuore: era un’azione in cui ci si trovava imprigionati in scatole da cui progressivamente ci si doveva liberare. Al termine i ragazzi ad uno ad uno sono saliti sul palcoscenico a parlare di sé, delle proprie «prigioni»: Mor ha MC ARTICOLI

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