Missioni Consolata - Novembre 2010

redazione@rivistamissioniconsolata.it istituti missionari a pren- dere decisioni, a volte confuse, contraddittorie e non oculate. E poi non è così facile disfarsi di edifi- ci carichi di storia. Per a- vere la certezza che i soldi mandati in missione non sono finiti nelle sue ta- sche, basterebbe andare ad accogliere un missio- nario che rientra dalla missione dopo 20/30/50/ 60 anni di servizio e vede- re cosa si porta a casa: non un container (come fanno gli impiegati delle ambasciate o delle grandi compagnie), ma una sola valigia (perché ormai non ha più la forza di portarne due) con pochi indumenti e tanti ricordi. E spesso, dalle sue mani sono pas- sati miliardi per i poveri del mondo. Certo, ci sono casi di catti- vo uso del denaro da parte di missionari. Il denaro può essere come una dro- ga e ha il potere di cor- rompere. Ma un caso, die- ci casi non dovrebbero scoraggiare e indurre a generalizzare. Molti dei nostri lettori hanno visto con i loro occhi cosa han fatto i missionari con i sol- di ricevuti dai benefattori e questo dovrebbe bastare a togliere i dubbi o almeno a non accusare tutta la ca- tegoria quando succedono degli scandali. D’altra parte, va considerato che neppure i missionari si stancano di benefattori che mandano uno e poi spendono tre per andare a vedere se il loro uno è sta- nella sua cassaforte quat- tro milioni di euro in con- tanti, non ho capito se per attuare corruzioni oppure per trafficare questi soldi in vista di utili. Cosa vengo a scoprire? Che appartie- ne ad un ordine missiona- rio come il vostro. [...] Io spero tanto che voi Missio- nari della Consolata siate diversi, ma perché non in- dicate come impiegate i soldi di cui alla pagina do- ve sono descritte le forme di aiuto che vi si possono dare ( cf. pag. 67 , ndr)? I la- sciti, siano essi apparta- menti, ville, castelli, sotto- scala, come li utilizzate? Sarebbe bello poterlo sa- pere e sicuramente vi fa- rebbe onore, poiché non vi reputo disonesti e perché, come le ho detto in aper- tura, voi Missionari siete l’ultima linea di trincea che mi tiene ancora legato a questa chiesa dalla qua- le un disamore costante e progressivo mi allontana. Con affetto. Sentivo pro- prio il bisogno di sfogarmi! Alfredo Nagorìa Torino Ho omesso un bel pezzo della sua lettera, ma l’i- dea è chiara. Chi le ri- sponde ora non è lo stesso direttore di allora, ma sia- mo in continuità. Com- mento qui solo sul tema soldi. Dall’inizio della Chiesa i soldi sono stati un fattore di rischio e corru- zione. Anania e Saffira ne- gli Atti degli Apostoli, so- no il primo esempio. I più grandi monasteri hanno cominciato il loro declino quando sono diventati troppo ricchi. L’Allamano, nostro fondatore, ha sem- pre insistito che i suoi missionari fossero «canali e non conche» per quanto riguarda i soldi. Ma quan- te tentazioni! Penso alla sofferenza dei confratelli di padre ban- comat , messi alla gogna con lui. Ho visto con i miei occhi le loro bellissime missioni in Tanzania, pro- va che i soldi dei benefat- tori arrivavano a destina- zione e che forse padre bancomat si è fatto pren- dere la mano proprio per amore delle missioni. Ho conosciuto missionari che si sono lasciati ingannare e strumentalizzare da presunti benefattori nella speranza di avere le som- me necessarie per un o- spedale, una scuola, una chiesa. Ingannati e usati in buona fede! E di falsi benefattori è pieno il mondo missionario. Ap- profittano del bisogno, della reale povertà, delle difficoltà che i missionari affrontano per far quadra- re i conti, e, a volte, anche della loro inesperienza. La speranza di avere grosse somme risolutive da grandi benefattori è co- me la tentazione di gioca- re al lotto. Se vincessi i milioni del superenalotto, avrei già in mente una li- sta infinita di emergenze da risolvere e di bene da fare. Ma, mi viene un dub- bio: se poi la tentazione (del potere dei soldi!) fos- se troppo grande? Forse è meglio continuare ad ar- rancare con i 2, 5, 10 o 50 euro che i benefattori nor- mali mandano con fedeltà e amore pur nelle loro dif- ficoltà. Dare conto sulla rivista di come spendiamo i soldi che riceviamo. Fin dalla sua fondazione questa ri- vista portava la lista delle offerte ricevute. Poi, negli anni ‘90, si è dovuto rinun- ciare a quell’informazione per le troppe complicazio- ni che insorgevano. Quello che le posso dire è questo: tutte le offerte che rice- viamo vengono versate in- tegralmente al missiona- rio indicato, senza neppu- re caricare le spese che i nostri uffici si sobbarcano come personale, rivista, spese postali e/o bancarie – è per questo motivo che abbiamo cominciato a suggerire 5 euro extra per la rivista e spese postali! Lasciti o altre donazioni (il cui fine non viene specifi- cato) servono per la vita stessa dell’istituto: for- mazione di nuovi missio- nari, cure dei malati, assi- stenza agli anziani (che sono sempre di più), ge- stione di tutte le attività necessarie ad un’istituzio- ne complessa come la no- stra. Il bilancio dell’istitu- to è strettamente monito- rato e, adempiuti gli obblighi di legge civile e canonica, non si può capi- talizzare. L’utile di ogni anno ( magro in questi an- ni di crisi ) viene ridistri- buito alle varie regioni dell’istituto per progetti specifici: fame, sviluppo, ospedali, scuole, progetti di riconciliazione e pace, giovani, rifugiati, cateche- si, chiese ... Le assicuro che se noi a- vessimo attività apostoli- che in Italia invece che nelle aree più povere del mondo, non avremmo bi- sogno di chiedere conti- nuamente soldi ai nostri benefattori e potremmo vivere del nostro ministe- ro. È l’amore per la gente, per i poveri, i piccoli e gli emarginati di questo mondo che ci rende men- dicanti. È vero che qui in I- talia oggi ci troviamo a vi- vere in grandi strutture nate in altri tempi, che danno un’impressione di ricchezza. I rapidi cambia- menti di questi anni, la di- minuzione delle vocazioni (in Europa) e l’invecchia- mento del personale, hanno costretto anche gli 6 MC NOVEMBRE 2010

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