Missioni Consolata - Novembre 2010

NOVEMBRE 2010 MC 51 ricordarsi qualche punto della catechesi; invece hanno dimo- strato di aver recepito almeno i punti essenziali della dottrina cristiana e soprattutto hanno manifestato spontaneamente un vero desiderio di abbracciare la vita dello Spirito. Una di loro l’avevamo vista re- carsi al monastero buddista per riconsegnare l’altarino tradizio- nale, di cui conserva il rispetto dovuto alla tradizione, ma che non si sente più di tenere nella ger come oggetto di culto. Tale evento è stato per noi un momento anche di intensa pre- ghiera, che ha coronato un lungo periodo di preparazione e se- gnato l’inizio di un cammino al- trettanto lungo, anzi per sua na- tura destinato a non finire. L a vita della grazia, infatti, si innesta in noi con po- tenza, ma necessita di continue riprese e risur- rezioni quotidiane. Come quella che abbiamo sperimentato la vi- gilia di Pentecoste. Sapevamo di certi dissapori che erano venuti a crearsi nel gruppo, per via di malintesi, pettegolezzi e ferite di questo genere. Secondo la tradi- zione buddista il diffamare gli al- tri attraverso mezze verità e giu- dizi calunniosi è uno dei 10 «pec- cati» più gravi e ne abbiamo toc- cato con mano gli effetti nefasti: persone in lite tra di loro, che si discreditano a vicenda presso gli altri col raccontare i peccati al- trui e così «rovinare il nome» di quella famiglia. Non potevamo arrivare al batte- simo senza una riconciliazione vera: così abbiamo organizzato un momento di chiarimento, dopo la condivisione della Parola di Dio del sabato pomeriggio. In presenza delle interessate, ab- biamo esposto il problema e di- chiarato che per chi abbraccia la vita cristiana non ci può essere spazio per falsità e inganni; quindi abbiamo invocato lo Spi- rito e invitato le presenti a dirsi una volta per tutte la verità. C’è stata tensione, ma poi le la- crime hanno rotto gli argini e si sono dette quello che si dove- vano dire; il passo successivo è stato quello di alzarsi dal proprio posto e tendere la mano a cia- scuna delle altre, chiedendo scusa e offrendo il proprio per- dono. Infine padre Ernesto ha letto il brano della lettera di Gia- como sulla necessità di control- lare la propria lingua: «Vedete un piccolo fuoco quale grande foresta può incendiare!» (Gc 3,5). Il seguito è stato un sospiro di sollievo e un ritorno del sorriso su volti bagnati dal pianto; è stato così bello vedere di nuovo la vita negli occhi di quelle donne, mentre bevevano un tè a casa nostra per festeggiare la ri- conciliazione! P oi il gran giorno di Pente- coste: la luce entra dal tondo centrale della ger - cappella proprio a illumi- nare le camicie bianche, cucite in stile mongolo che le neo-bat- tezzate adesso indossano ogni domenica. Grande partecipazione di tutta la comunità, occhi incuriositi di bambini e adulti mentre l’acqua gocciola dalla testa nel fonte battesimale. L’atmosfera rac- colta ha facilitato la liturgia, con i suoi segni sobri ed essenziali, ben preparati da tutti. Dopo la messa un momento di festa organizzato dalle altre donne della comunità: sembrava di essere a un banchetto tradi- zionale, non tanto per cibi raffi- nati (che non c’erano), ma per la solennità semplice delle tradi- zioni mongole, con bambini che recitano poesie interminabili, giovani che mettono in scena atti di commediole e adulti che can- tano le lodi della madre, com- presa la madrina, suor Lucia, che si è vista regalare una cami- cia tradizionale di colore azzurro, come il cielo. Desideriamo ringraziare con voi il Signore per questo momento di celebrazione delle sue lodi; lo facciamo insieme alla Consolata, madre nostra e di tutti i figli e fi- glie di Dio di ogni popolo e na- zione. Evviva! Daniele Giolitti # Prima comunione di Elisabetta # Sopra: le sei neofite con la veste bianca ( da sinistra: Maddalena, Elisabetta, Lucia, Rita, Caterina, Anna) insiema alla madrina suor Lucia e i padri Ernesto Viscardi e Giorgio Marengo.

RkJQdWJsaXNoZXIy NTc1MjU=