Missioni Consolata - Novembre 2010

NOVEMBRE 2010 MC 47 tuito una propria fondazione che si occupa della gente del barrio dove opera. La realtà è che, giorno dopo giorno, crescono i bisogni. Per parte mia, posso dire che avevo dei risparmi raccolti in 45 anni di la- voro, risparmi che ora non ci sono più, dato che sono stati investiti nella ristrutturazione di questa casa». Tina, perché ha scelto di seguire i ragazzi di strada? «Noi - intendo io, i miei fratelli, mamma e papà - eravamo molto poveri, ma Dio ci aiutò molto. Ab- biamo potuto studiare. Dunque, abbiamo sentito l’obbligo di ringra- ziarlo per ciò che ci aveva dato. Non so se molto o poco però ab- biamo ricevuto. Questo vogliamo insegnare ai ragazzi: che possono uscire dalla loro situazione e che un domani loro stessi potranno aiutare altri». PaoloMoiola mati in fondazione, la Fondazione “ Ayudemos a crecer ”. Ma a causa di una nuova legge, quella casa non era più adeguata e quindi abbiamo comprato questa, nel barrio di Barracas. Abbiamo impiegato 4 mesi per ristrutturarla e altri 8 per ottenere l’abilitazione». Quanti ragazzi accogliete qui dentro? «La notte dormono qui 16 bam- bini. Mentre d’inverno, durante il giorno, possiamo arrivare a 30. Vengono a fare una doccia, a man- giare, a guardare un attimo la te- levisione o a seguire qualche corso». Dunque, se i ragazzi transitano di qui, a cosa serve esattamente un parador? «Il parador è una struttura inter- media, tra la strada e una strut- tura consolidata come l’hogar. Se il ragazzo riesce a rimanere nel pa- rador per 2 o 3 mesi, significa che può essere pronto per un hogar». Chi sono i frequentatori di questo parador? «Qui arrivano bambini della strada, che consumano droghe. Paco o qualsiasi altra». E qui, com’è fatta una loro gior- nata? «Durante l’estate, si alzano, fanno colazione e vanno alla colonia. Ar- rivano verso le cinque del pomerig- gio. Fanno merenda. Poi c’è qual- che attività. O vanno a giocare a pallone: il calcio è la cosa che più piace. Qui vicino ci sono campi e giardini pubblici. Per fortuna, per- ché se giocassero qui dentro, con la palla romperebbero tutto!». Ricevete degli aiuti pubblici per la- vorare con i ragazzi? «Per il comedor riceviamo aiuti dal governo di Buenos Aires che ci dà gli alimenti. All’inizio riceve- vamo aiuti da qualche chiesa, ma oggi questo è diventato difficile perché ciascuna chiesa ha le pro- prie necessità. Ognuna ha costi- sumavo porro e merca». Parlan- do con i ragazzi, una cosa risalta subito: tutti sono felici di aver la- sciato la strada e di aver iniziato un percorso di vita diverso. Le ragazze presenti sono soltanto due. Una, giovanissima, è agli ul- timi mesi di gravidanza. L’altra si chiama Antonella, 12 anni, capelli ra per filmare la serata. Impara subito, anche a fare le interviste. Jorge, minuto, capelli biondi, par- la così rapidamente che si fa fati- ca a seguirlo: «La mia mamma se ne andava con il suo fidanzato e mi lasciava a casa con il mio fra- tello più piccolo. Poi io ho comin- ciato ad andare e tornare da casa, ma lei non mi voleva più. In strada ho iniziato a prendere droghe: pa- co , porro , merca , pastiglie. Il paco è la più pericolosa: ti uccide». UNA VITA DIVERSA Joaquin ha 17 anni ed è stato in strada un anno: «Non è facile perché la polizia ti mena». Che facevi?, chiediamo. Joaquin si schernisce e ride di gusto. «Ru- bava», suggerisce un compagno. Nazareno di anni ne ha 12: «La strada ti insegna cose brutte. A rubare, a prendere droga. Io con- lunghi, occhi molto belli ma tristi. Vita dura quella di Antonella, che non ha conosciuto né la mamma né il papà. Dice di avere due fra- telli, ma più piccoli di lei. «Quan- do stavo per strada, mi drogavo con il paco, ma non ho mai ruba- to. Per mangiare, la sera andavo a recuperare gli scarti del McDo- # A destra: Mario Sotero con un chico . # Sotto a sinistra: la signora Tina Romero de Ortiz, fondatrice del centro. MC ARTICOLI

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