Missioni Consolata - Novembre 2010
R obustiana Romero de Ortiz detta Tina è una signora che parla con il tono pacato di una nonna, ma che ha il grande pregio di essere chiara e di sapere ciò che vuole. Tina, come ha cominciato ad occu- parsi di ragazzi di strada? «Ho cominciato a lavorare con loro nel 1998 in una chiesa giudeo-mes- sianica guidata da un pastore giu- deo. Cominciammo servendo ai ra- gazzi due pasti al giorno. Oggi ne serviamo 250». Alla settimana? «No! 250 al giorno... Poi è successo che i ragazzi iniziarono a doman- dare ogni giorno di più, ma nella chiesa era impossibile lavorare con tutta quella gente. Così, con molti sacrifici e con i soldi dei miei due nipoti, decidemmo di com- prare una casa. Nel 2000 ne tro- vammo una nel quartiere San Cri- stobal. Poi, per questioni di norme legali, nel 2001 ci siamo trasfor- ARGENTINA A COLLOQUIO CON TINA ORTIZ PARADOR TINA parador di Tina è piccolo e spar- tano, ma è molto accogliente e soprattutto ricrea tutti gli am- bienti tipici di una casa familiare. Ovvero il contrario di quello che potrebbe essere un istituto per minori in difficoltà. Una scala in ferro porta al piano superiore, dove c’è una saletta con un televisore e una bella ter- razza, oltre ad un angolo attrez- zato con le griglie per cuocere la carne. La festa sarà qui. Il tavolo rizzazioni rilasciate dalle auto- rità preposte, nonché alcuni di- plomi e riconoscimenti per l’atti- vità svolta. Passato il corridoio d’entrata, ol- tre la parete delle autorizzazioni, a sinistra c’è una prima stanza a- dibita ad ufficio della Fondazione e a destra una camera dove tro- vano posto 5 letti. Si passa poi ad una sala comune e alla cucina. Un piccolo patio porta ad altre due stanze con letti a castello. Il è già imbandito con piatti di em- panadas e bevande, mentre la carne sta ancora cuocendo sulla parilla . Mancano del tutto sia il vi- no che la birra, «per non dare il cattivo esempio ai ragazzi», spie- ga Tina. Un gruppetto di ragazzi è seduto attorno ad un tavolino a giocare a carte, mentre una radio portatile funziona ad alto volume. La musica è forte ma, alzando un po’ la voce, si riesce ancora a co- municare. Lucas, orecchino sul lobo destro, racconta senza remore: «Sono andato in strada perché avevo problemi con mia mamma che mi picchiava molto. Mio papà non l’ho mai conosciuto. Sono stato in strada per 2 mesi e mezzo. Ades- so sono qui da Tina». Lucas è un tipo sveglio e chiede la telecame- # Sopra: i ragazzi sono coinvolti nelle interviste. # A sinistra: videointervista a Mario Sotero, già ragazzo di strada, oggi educatore.
RkJQdWJsaXNoZXIy NTc1MjU=