Missioni Consolata - Novembre 2010

40 MC NOVEMBRE 2010 OSSIER NICOLAE, IL DIACONO (RUMENO) CHE LAVORA DA PRETE Ci arrampichiamo per le vie del centro seguendo i passi del nostro amico. Trebisonda è una città che ha perso i fasti del passato e si aggrappa ad uno sviluppo caotico, dominato dal cemento e dai traffici un po’ lo- schi che vanno e vengono dalla vicina Russia. Da soli difficilmente saremmo riusciti a trovare la chiesa, perché non segnalata. L’esterno è arioso ed un cartello invita i cristiani e gli stranieri ad entrare den- tro, perché tutti sono benvenuti. È scritto in inglese ed in turco ( vedere foto ). Suoniamo il campanello. La chiesa sembra deserta. Dopo pochi minuti siamo però accolti da un uomo di circa trent’anni a cui siamo introdotti, in turco, dalla nostra guida. È gen- tile, ma sospettoso. Si rivolge a noi in francese ma, dopo poche frasi di circostanza, passa all’italiano. È rumeno e non è il prete della chiesa. È un diacono che manda avanti tutta la baracca tra sforzi immensi. È solo da tre anni, perché un nuovo sacerdote, dopo l’o- micidio di Andrea Santoro, non è mai stato nominato. Racconta del clima che si respira nella città che mag- giori problemi di convivenza dà alla Turchia. Nicolae, così si chiama il padrone di casa, racconta di paura, ma anche di speranza. La paura è dovuta al se- condo omicidio: monsignor Luigi Padovese, dal 2004 vicario apostolico dell’Anatolia, è stato assassinato il 3 giugno 2010 nel giardino della sua casa sul mare a Ka- ragaac, vicino a Iskenderun, sulla costa del Mediter- raneo. Il suo autista Murat Altun, probabilmente a causa dei gravi scompensi psichici di cui soffre, l’ha colpito con diversi fendenti, uccidendolo. Le voci di odio religioso, figlio del fanatismo islamico, si sono allargate a macchia d’olio, ma nessuno osa confermarle. Anzi, gli uomini della piazza di Trebi- sonda, come i pochi cattolici che si incontrano, ne- gano che il clima sia questo. La speranza è comunque viva: «Noi siamo una comu- nità molto piccola, poche centinaia di persone - spiega Nicolae - . La nostra chiesa è sempre aperta. E questa mattina è accaduta una cosa che mi ha dato fiducia ed aperto il cuore. Ho visto entrare quattro ragazze isla- miche. Giravano e commentavano. Le ho sentito dire frasi sulla bellezza della chiesa e soprattutto sulla fol- lia del conflitto religioso...». A pochi metri da dove chiacchieriamo c’è ancora il foro di uno dei proiettili. Nicolae è un diacono che svolge un po’ tutti i servizi fra mille difficoltà, economiche e non. È sposato e vive con la moglie a pochi passi dalla chiesa. «Il problema – racconta – sono le ostie consacrate. La mancanza di un prete le rende difficilmente disponibili. Così capita che, quando un sacerdote passa da queste parti, io ne approfitto per farne consacrare un po’ e poi le custodisco. Ma non è facile, dato che trascorrono mesi e mesi senza che passi alcuno. La soluzione mi- gliore sarebbe la nomina di un prete ma, dopo la ucci- sione del vescovo Padovese, sarà ancora più difficile». La chiesa è deserta, pulita, sembra quasi un museo. «Questi sono gli aspetti più difficili della situazione. In compenso è molto bello portare la parola di Dio in un posto difficile come Trebisonda. È vero che gli esaltati non mancano, ma la Turchia rimane un paese laico in cui la libertà di culto è preservata. Co- munque, questi sono discorsi politici che interes- sano relativamente chi si trova in trincea come me. Qui io mi occupo di tutto: dallo spazzare il pavi- mento alla celebrazione delle messe. E lo faccio per due soldi. I vertici della Chiesa dovrebbero ricor- darsi maggiormente di chi porta la parola di Dio in posti di frontiera come questo». Sono solo un centinaio i cattolici che vivono a Trebi- sonda. Altri sessanta circa sono presenti a Mardin, bella città che ricorda un po’ Gerusalemme, nel cen- tro del Kurdistan. Il resto è deserto. In ogni senso. Maurizio Pagliassotti A sinistra: la chiesa cattolica di Trebzon, dove è stato ucciso don Andrea Santoro; a destra , l’ingresso della stessa con i cartelli di benvenuto in lingua turca ed inglese. Pagina accanto: lavoro contadino all’interno della Turchia, dove spesso l’agricoltura è l’unica attività economica.

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