Missioni Consolata - Novembre 2010
NOVEMBRE 2010 MC 25 cui si sono perdute le tracce nella notte dei tempi, es- sendo sopravvissuti solo alcuni vaghi ricordi. L’epopea dell’esodo rimette tutto in movimento: il passato (chi sono i patriarchi?) e il futuro (quale terra promessa?). Se guardiamo solo verso il passato, scopriamo che Israele ha compiuto un’opera di ricostruzione metico- losa e logica. L’esodo pone domande essenziali. Per- ché Dio ha liberato Israele dalla schiavitù dell’Egitto? Perché Dio ha voluto dare una Legge proprio a Israele tra tutti i popoli esistenti, anche molto più significa- tivi? In altre parole, cosa c’era prima dell’esodo e del Sinai? Qual è il senso del presente, cioè di ciò che ac- cade al Sinai? La risposta è ovvia: Dio ha dato la Legge a Israele per essere fedele alla promessa che aveva fatto ad Abramo. Inizia così un processo di ricognizione sto- rico-teologica alla ricerca dei patriarchi Abramo, Isacco e Giacobbe per scoprire le fondamenta del proprio presente e la prospettiva del futuro. La figura del primo patriarca comincia a uscire dalla nebulosità del passato e si proietta maestosa e nobile sul futuro di Israele: egli diventa la prima pietra «angolare» che dà senso all’esodo, nello stesso momento in cui l’e- sodo dà un nome e un volto al patriarca fondatore. È un cammino a ritroso, alla ricerca delle proprie ori- gini. L’esodo in sé sarebbe poca cosa se non fosse «una promessa» di un Dio, diverso da tutti gli altri «dèi» conosciuti; al contrario, esso è la conclusione del cammino di una «parola» detta nella notte dei tempi che non si è smarrita, ma è diventata un fatto: la parola di Dio ad Abramo ora «si fa carne» e diventa esodo, liberazione. ALLA RICERCA DI ÀDAM Non basta. Cosa c’era prima di Abramo? Proiettando ancora una volta la luce dell’esodo all’indietro, come un faro che illumina il cammino, Israele scopre che prima di Abramo, c’era Adamo che diventa così la cor- nice ancora più ampia della storia della salvezza. Dal padre di Israele al padre dell’umanità. Il processo av- viene dal particolare all’universale. Riflettere sull’e- sodo come evento fondativo significa visitare il proprio passato per cogliere la direzione del futuro e il senso del presente. La liberazione dall’Egitto e la Toràh del Sinai non sono frutti anonimi fuori stagione, ma sono la conseguenza matura di un lungo percorso che è ini- ziato nella notte dei tempi, anzi nel cuore di Dio. Prima ancora di creare il mondo, Dio aveva pensato Israele come suo popolo ed è per realizzare questa «elezione» che ha creato il mondo, poi ha chiamato Abramo, Isacco e Giacobbe perché «costruissero» il popolo che Dio avrebbe convocato per mezzo di Mosè ai piedi del Sinai per consegnare la Toràh , il codice dell’alleanza da portare a tutti i popoli della terra. Alla fine si ha questo schema teologico: Dio ha creato l’universo per collocarvi l’umanità, che a sua volta di- venta la cornice dove avviene la promessa ad Abramo e agli altri patriarchi che diventano così la premessa all’evento principe dell’esodo che culmina nel dono della Toràh come garanzia dell’alleanza sponsale tra Dio e il suo popolo Israele. Il passaggio logico è: Mosè, Abramo, Àdam, non viceversa. Ciò spiega perché nella coscienza di Israele, l’esodo e la creazione non sono mai separati, ma sono i due aspetti complementari dell’intervento di Dio che ha creato il cosmo, formato Àdam e l’umanità, chiamato Abramo, un politeista pa- gano, solo per amore di Israele, «inventato» da Dio stesso come partner sponsale a cui dona in dote la Toràh , che non è solo una «legge», ma il sigillo del- l’alleanza e della prosperità nuziale. Tutta la storia, da Àdam a Mosè ha senso solo se proiettata verso lo scopo e l’obiettivo che è il monte Sinai, il monte dove «nel terzo giorno» Dio consegna se stesso nella forma di Toràh , cioè di «Parola che si fa carne» (cf Gv 1,14) al popolo che ha scelto tra tutti i popoli. I FIGLI GARANZIA DEI GENITORI Narra la tradizione giudaica che Dio prima di Israele interpellò tutti i popoli della terra ai quali offrì in dono la Toràh che tutti rifiutarono per un motivo o per l’al- tro. Quando giunse infine ad Israele, egli non volle nemmeno sapere ciò che vi era scritto perché l’ac- cettò senza condizioni o riserve. «Prima di donarla agli Israeliti, l’Onnipotente offrì la Toràh a ogni tribù e nazione del mondo perché nes- suno potesse dire: “Se il Santo benedetto avesse vo- luto darcela noi l’avremmo accolta”. Si recò dai figli di Esaù e chiese: “Accettate la Toràh ?” – “Che cosa vi sta scritto?”, risposero quelli. – “Non uccidere” (Es 20,13). – “E tu vorresti privarci della benedizione impartita al nostro padre Esaù, cui è stato detto: ‘vi- vrai della tua spada?’ (Gen 27,40). Non vogliamo la Toràh ”. – Allora il Signore l’offrì alla stirpe di Lot di- cendo: “Accettate la Toràh ?” – “Che cosa vi sta scritto?”. – “Non commettere adulterio” (Es 20,14). – “Proprio da atti impuri siamo nati! Non vogliamo la Toràh ”. Allora il Signore chiese ai figli di Ismaele: “Accettate la Toràh ?” – “Che cosa vi sta scritto?”. – “Non rubare” (Es 20,15). – “Vorresti forse portarci via la benedizione impartita a nostro padre, cui fu detto: ‘La sua mano sarà contro tutti’ (Gen 16,12)? No, non vogliamo affatto la Toràh ”. Così fece con tutti gli altri popoli, i quali parimenti rifiutarono quel dono dicendo: “Non possiamo rinunciare alla legge dei nostri antenati, non vogliamo la tua Toràh , dalla al tuo popolo Israele”. – Per questo Egli – benedetto sia il suo Nome – andò infine dagli Israeliti e disse: “Accettate la Toràh ?” – Risposero: “Che cosa con- tiene?”. – “Seicentotredici precetti”. Quelli rispo- sero a una sola voce: “Tutto quanto il Signore ha detto noi faremo e ubbidiremo ”» (1) . Israele prima mette in pratica la Toràh e solo dopo se ne domanda la ragione. La risposta degli Israeliti è di- sarmante e totale: (ebr.) « ‘asher dibèr Adonai nÈhas- sèh wenishmà’ », che la LXX traduce con « Panta hòsa elàlesen Kýrios poiêsomen kài akousòmetha – Tutto quello che il Signore ha detto, faremo e ascolteremo». Prima si fa e poi si ascolta. È importante mettere in evi- denza la risposta di Israele che non s’impegna soltanto a eseguire le parole del Signore, ma accoglie la Toràh prima ancora di conoscerne «il peso». In questo atteg- giamento di Israele vi è l’entusiasmo dei discepoli che sono affascinati dall’avventura e si buttano con tutta la loro generosità senza calcolare le conseguenze che è il comportamento degli innamorati. Solo in questo conte- MC RUBRICHE
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