Missioni Consolata - Novembre 2010
Ma Paolo lavora anche con gli an- ziani. Molti vivono in solitudine, non hanno famiglia, hanno diffi- coltà a procurarsi da mangiare e sono abbandonati. È il caso di Apita Costa, detta Solzinha (soli- taria). I missionari hanno sensibi- lizzato alcuni giovani affinché si occupino di questi anziani. TANTE SFIDE, ALCUNE SODDISFAZIONI Oltre al piacere di essere «sul campo», come dice lui, e avere il contatto con le persone, il nostro missionario laico ci racconta sod- disfazioni e sfide di questa scelta. «Una grande soddisfazione è quando le persone capiscono che vuoi lavorare con loro e per loro e non vuoi essere il loro padrone. Iniziano a rimboccarsi le maniche, ad avere idee e proposte, inizia- tive, e il tuo lavoro può crescere ancora di più. Quando ci sono dei risultati sul campo, che non è sol- tanto dire: il malato è guarito, il pazzo è tornato normale. Se ve- diamo gruppi di persone che di- cono: bene adesso siamo noi che aiutiamo i nostri simili. Le sfide sono tantissime perché quando diventi missionario, laico o religioso che sia, devi andare a vivere in un altro paese. Per esempio se vieni in Mozambico per passare un mese hai un certo spirito, se devi stare tre anni o più il punto di vista cambia notevol- mente. L’adattamento, la lingua. Abituati alle città, in questi vil- laggi dove non c’è niente di spe- ciale, occorre uno sforzo. Inoltre capire che molti ti considerano solo una mucca da mungere, e tu vorresti fare amicizia, relazionarti da pari a pari. Anche questo è dif- ficile da accettare. Però c’è sempre della brava gente che lavora. La nostra sfida è scoprire quelli che sono più in gamba, più onesti, quelli che non hanno tanti problemi in testa. Con loro costruire qualcosa di forte e aiutare i più deboli che hanno an- che bisogno di modelli». Essere missionario vuole sovente dire vivere e lavorare con dei con- fratelli. E anche questo non è sempre cosa facile. «Se sei in comunità bisogna cer- care di evitare di essere persone complicate, capricciose, bronto- lone. In missione è una soffe- renza, perché già dobbiamo spen- dere molte energie, se poi ab- biamo un ambiente teso in casa non si lavora più. Spesso le co- munità sono composte da per- sone di varie nazionalità. Cer- chiamo di capirci gli uni con gli al- tri di evitare soprattutto il rifiuto. Non classificare definitivamente la gente: con quello non si può parlare, con quell’altro non c’è in- tesa. Questo atteggiamento bloc- cherebbe tutto. Dobbiamo pren- dere la persona com’è, talvolta tollerare. Possiamo fare delle os- servazioni, ma è importante che dopo la tempesta torni il sereno. Vedi certe case dove i padri si sono chiusi ognuno nella sua zona, e parlano ma non comuni- cano». CONSIGLI PRATICI Abbiamo chiesto a Paolo che con- sigli darebbe a chi è interessato a inoltrarsi sulla strada del laicato missionario. «Colui che vuole vivere qualche tempo come laico missionario deve parlare a lungo con persone che sono già state per vari anni nel paese. È bene che sappia cosa lo aspetta, e non parta con idee strane. Molti pensano ancora che l’Africa sia il continente dei vil- laggi, della solidarietà, della na- tura incontaminata e degli an- ziani. Però l’Africa sta cambiando molto e qui, come in Europa, l’in- dividualismo, la sete dei soldi, sono delle realtà molto forti. Mi dicono che talvolta nella famiglia di oggi nessuno si aiuta, ed è molto peggio della famiglia di ieri dove tutti si aiutavano. C’è sempre il rischio di chiudersi, nella tristezza, nella rassegna- zione e aspettare che il tempo passi. La persona che va in missione deve avere una formazione di primo piano. Molti hanno la buona volontà, però c’è la solitudine in agguato. Ad esempio il rapporto con gli animatori, con la gente è un punto delicato. Dobbiamo stimare i nostri collabo- ratori, cristiani, musulmani. In- vece alcuni coltivano un po’ di di- sprezzo, anche giustificato in parte dalle delusioni che hanno sofferto, le piccole truffe, inganni, vedere l’animatore ubriaco. Da qui comin- ciamo a essere non dico razzisti ma poco ci manca: “Non si può fare niente con questa gente, sono fatti così”. Ci sono alcuni aspetti che lasciano un po’ perplessi nelle loro abitudini, ma non possiamo lasciarci andare a questo. E poi non bisogna prendere troppo sul serio i problemi e le difficoltà, fare dei drammi perché alle volte certe cose le ingigantiamo molto dal nostro punto di vista». In Italia non si fa molta promozione di que- sta «terza via» per fare il missio- nario. Cosa proporresti? 22 MC NOVEMBRE 2010 MISSIONE
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