Missioni Consolata - Novembre 2010

rio straniero è la testa e i mozam- bicani o gli africani stanno a guar- dare. Falegnamerie, scuole, fatto- rie, c’è sempre il missionario ita- liano (o straniero) a capo. Quando vedremo il missionario mozambi- cano fondare una scuola per aiu- tare i più poveri? È questo che dobbiamo vedere: le persone del posto che si preoccupano, sen- tono pena per il loro. Ma in fatto di solidarietà tra la gente di qua siamo ancora un po’ carenti». Paolo ripete che la terra nella zona è fertile, si possono fare tre raccolti all’anno, ma c’è ancora un attendismo troppo elevato verso gli stranieri e quindi dipen- denza. Lui segue una ventina di progetti di tipo economico e so- ciale, tutti con aiuti che proven- gono dall’estero, ma sta lavo- rando al «Progetto zero», ovvero zero aiuti da fuori. C’è anche il problema della rarità di animatori seri, fondamentali per lavorare sul campo. «Troppo spesso es- sere animatore, o catechista, viene vista come una posizione sociale, almeno qui a Majune. Al- trove sono più seri». catechesi, chi per orientare gli animatori. Personalmente a me piace di più lavorare sul campo, con le persone per organizzare qualcosa con loro nei settori del- l’economia o del sociale. Qual- cosa che rimanga, aiuti la popola- zione a vivere meglio». MISSIONE PER FAR CRESCERE Provenendo dal mondo delle Ong Paolo si porta dietro il concetto di sviluppo, oltre che alla sensibilità per i diritti umani. «Io comincio un lavoro pensando che domani saranno loro a pren- derlo in mano. Ma qua dicono: se il missionario va in Italia, chi prenderà il suo posto? Deve pren- derlo uno del Mozambico perché il nostro lavoro è farli crescere, non perpetrare la nostra pre- senza. Però lamento che ci sono tante situazioni in cui il missiona- C’è poi un lavoro da fare sui diritti umani. «I diritti umani sono una que- stione importante, però io vedo che talvolta, per comodità, è un tema che si trascura. Ad esempio hanno bruciato vivo un malato di mente che rubacchiava nei mer- cati, una notte il proprietario di una bancarella gli ha versato so- pra la benzina e gli ha dato fuoco. Le ustioni erano così avanzate che è morto durante il trasferimento all’ospedale di Lichinga. La dome- nica successiva neanche una pa- rola a messa. Solo io, negli avvisi, mi sono sentito in dovere di richia- mare che era morta una persona, anche se era musulmana. Ucciso in modo barbaro. Gli animatori mi hanno chiesto perché bisognava parlarne e io ho risposto: non ti posso ammazzare un giorno per strada come se niente fosse. Poi c’è la questione politica, il 22 novembre è l’anniversario dell’as- sassinio del giornalista Carlos Cardoso, ma nessuno ne vuole parlare. Sono cose importanti. Il peggio è che i deboli qua non sono tutelati. Se una donna venuta da un altro paese o da un altro di- stretto, sposa un uomo di qui, ma poi divorzia o perde il marito, non ha nessuna protezione. Questi sono problemi gravi e noi dob- biamo sempre essere presenti». L’IMPEGNO PER L’INFANZIA «Io penso che qui a Majune i bambini siano una categoria molto negletta, perché sono tra- scurati: igienicamente, nei vestiti, nel cibo. Possono cadere nel fuoco, essere uccisi a calci dal pa- dre ubriaco. Hanno pochi diritti e sono molto abbandonati a se stessi. Circolano di notte da soli, in mezzo agli ubriachi e nessuno si preoccupa». Paolo è molto fiero di mostrarci un progetto sull’infanzia. È un asilo per sessanta bambini, nel villaggio di Malila. I missionari sono riusciti a coinvolgere la co- munità, e le mamme a turno cuci- nano il pasto fornito, però, dalla parrocchia. Ci sono alcuni bimbi che gli saltano addosso e gli si appendono al collo. E lui, sempre impassibile, forse per le sue ori- gini olandesi, si lascia intenerire. NOVEMBRE 2010 MC 21 # Pagina a finaco: donna trasporta paglia per la costruzione di tettoie. # Di fianco: Paolo Deriu in macchina con Aires Osmarin. # In basso: nella corte della regina ( centro ) del villaggio di Milela . MC ARTICOLI

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