Missioni Consolata - Novembre 2010

aspettative erano invece irreali- stiche, ma invece di essere sco- raggiate sono state fatte oggetto di promesse, creando nella gen- te un’insoddisfazione di fondo. Inoltre, oggi, assistiamo al feno- meno di persone provenienti da altri paesi africani che entrano nel nostro territorio e, sebbene non sia necessariamente vero, si insinua la percezione che la loro presenza possa privare i sudafricani di opportunità di la- voro. Del resto, occorre ricorda- re che molta della violenza sca- tenatasi verso gli stranieri av- viene presso comunità molto povere in cui, quotidianamente, c’è già una continua battaglia per la sopravvivenza. In questi mesi assistiamo a una continua protesta nei confronti delle au- torità, incapaci di garantire ser- vizi basilari alle fasce più povere della popolazione. Ecco che si ritorna al fattore della giustizia economica; molte comunità, soprattutto le più po- vere, stanno dicendo al paese: «Non abbiamo combattuto per la democrazia per non avere nulla in cambio. Pretendiamo di avere anche noi una parte nel- l’intero arricchimento del paese e nella distribuzione delle risor- se». È una protesta legittima e, sebbene questi rigurgiti di xe- nofobia siano una pessima e- spressione di questa protesta, sono parte di un malcontento alla democrazia. Come spiega le manifestazioni di estremi- smo razzista, tanto bianco che nero, e le recenti violenze xe- nofobe? Una delle frasi più care a Man- dela è quella che, descrivendo- ci, parla del Sudafrica come di una «nazione arcobaleno». Lo siamo; e non solo, io credo, per la grande differenza di razze, nazioni e lingue, ma anche per la particolare geografia politica sudafricana. La forza del Suda- frica sta nella cosiddetta mag- gioranza dei gruppi minoritari. Mi spiego: sebbene i due gruppi etnici più numerosi del paese, gli Zulu e gli Xosa, insieme for- mano la maggioranza relativa, rappresentano comunque sol- tanto il 40% della popolazione. Esiste un significativo 60% com- posto dall’insieme degli altri gruppi minori. Questa, in un certo senso, è una situazione salutare per la democrazia, una garanzia di stabilità, che obbliga i gruppi a lavorare insieme. Detto questo, bisogna però ri- cordare come nel periodo di transizione verso un governo democratico le aspettative di tutti erano aumentate enorme- mente. Alcune di esse erano giustificate, realizzabili e sono state in parte soddisfatte; altre generalizzato di gente che è stufa e rifiuta di stare seduta ad accettare passivamente tutto, corruzione compresa. Aspettano una presa di posizio- ne e un’assunzione di responsa- bilità da parte del governo. Chiedono servizi: elettricità, condotte fognarie, contributo per la casa… tutte cose promes- se e mai garantite. Nel momen- to in cui non degenera in una violenza xenofoba, ingiustificata e da condannare, questo conflit- to in atto potrebbe persino esse- re visto come un segno che la democrazia sta prendendo pie- de nel paese. Questa situazione di forte con- trasto non potrebbe però dare vita a estremismi mai sopiti? Penso che lo stesso fenomeno si verifichi praticamente in tutto il mondo: i due gruppi estremi, la destra e la sinistra, sono nor- malmente rappresentativi di persone che si sentono depriva- te del potere. Il vecchio governo mantenne artificialmente una larga fetta della popolazione bianca a un livello privilegiato. Ora che questi privilegi sono di fatto decaduti se ne possono ve- dere immediatamente le conse- guenze: per la prima volta nella mia vita vedo dei bianchi chiede- re l’elemosina per le strade. Questa situazione dà forza a un estremismo bianco. MC ARTICOLI # Cartelloni per coscientizzare la gente contro il traffico di esseri umani e nuove schiavitù.

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