Missioni Consolata - Novembre 2010
D ottorato in filosofia all’U- niversità di Lovanio e un lavoro di responsabilità come preside del Saint Augustine College di Johanne- sburg, l’università cattolica su- dafricana, padre Michael Van Heerden, è oggi una delle voci cattoliche più ascoltate. Ci parla delle contraddizioni e delle spe- ranze di un paese che si sforza di lasciarsi alle spalle le grigie om- bre del passato per costruire un futuro arcobaleno in cui regnino giustizia e pace… per tutti. Che cosa significa essere un cattolico, oggi, in Sudafrica? La grande sfida consiste nel da- re una nuova immagine alle re- lazioni inter-etniche: lavorare e vivere insieme. Nel corso degli anni la chiesa è sempre stata in- terpellata a questo riguardo; è sovente accorsa in aiuto di altre realtà e ha saputo conquistarsi il rispetto di molti gruppi sociali. È stata capace di dimostrare, at- traverso l’esempio, che cosa si- gnifica superare un conflitto culturale o conflitti tra gruppi linguistici ed economici diffe- renti. È un impegno nuovo e stimolan- te, se si pensa che, in passato, la chiesa cattolica era vista co- me un corpo estraneo, un pro- dotto d’importazione. Durante l’ apartheid eravamo definiti il «pericolo romano» ( romse ge- vaar ), un nemico da temere in- sieme al pericolo rosso (comu- nista) e nero (etnico). Trovarsi ora al centro dell’atten- SUDAFRICA TESTO E FOTO DI UGO POZZOLI INTERVISTA A MICHAEL VAN HEERDEN UN FUTURO INSIEME Sedici anni dopo le prime elezioni democratiche, il Sudafrica fa il punto della situazione. Il paese si sente finalmente libero, ma molti restano soffocati nelle spire della miseria: un nuovo ruolo profetico per la chiesa cattolica post- apartheid . # Padre Michael Van Heerden, preside del Saint Augustine College di Johannesburg.
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