Missioni Consolata - Ottobre 2010
centuale - 12,5% - di missionari africani in rapporto al totale delle presenze. Per gli africani la Mongolia non è certo il paese più facile: la lingua, il freddo in- tensissimo (fino a meno 50, come è successo lo scorso in- verno), la scarsità della popola- zione, le grandi distanze e l’im- patto culturale, sono stati osta- coli che alcuni non sono riusciti a superare. Ma la missione Mongolia è giovane ed è ancora tutta da inventare. OTTOBRE 2010 MC 95 MC ARTICOLI tro anni di servizio, ma per il 2011 sono in arrivo due nuovi giovani dal Kenya. Oltre a quelli della Consolata, in Corea ci sono solo una suora angolana delle Suore Mercedarie, tre seminari- sti e un diacono che studiano teologia nel paese. Nonostante le difficoltà oggettive della lin- gua e della cultura, comuni a tutti coloro che vengono da fuori, i missionari africani si sono in- seriti bene nella nuova realtà, sono bene accettati dai coreani e sono contenti. MONGOLIA La Chiesa cattolica è presente in Mongolia da tempi molto anti- chi, anche se la prima missione ufficiale fu stabilita nel 1922. Ma è solo dopo il crollo del comuni- smo che la Chiesa potè tornare ad impiantarsi e nel 1992 mons. Venceslao Padilla, un filippino missionario di Scheut, divenne il primo prefetto apostolico e ve- scovo della Mongolia. Oggi (2010) in Mongolia, 450 cattolici in tutto, ci sono 80 religiosi pro- venienti da 25 nazioni diverse, appartenenti a 12 congregazioni. Tra questi ci sono anche degli africani: 5 missionari (1 Conso- lata e 4 Scheut) e 5 missionarie (2 suore della Consolata, 1 suora della Carità di Madre Te- resa e 2 suore del Cuore Imma- colato di Maria). In proporzione la Mongolia ha la più alta per- J oseph p. Otieno, nato a Nairobi nel 1974, ordinato sacerdote nel- l’ottobre 2001, anno centenario della fondazione dei Missionari della Consolata, arrivò in Corea nel 2002, dove morì improvvi- samente nel 2005 partecipando ad una maratona a Seul. «Dal giorno in cui divenne parte della comunità di Kuryong, un quar- tiere povero alla periferia di Seul, p. Joseph manifestò il suo desiderio di vivere la sua vocazione missionaria in mezzo ai poveri con sempli- cità di cuore “facendo tutti i piccoli servizi di cui sono capace”, come lui usava dire. Certo, conoscendo poco la lingua, non poteva fare molto di più, ma insegnando l’inglese ai bambini del villaggio e facendo pic- coli servizi alle nonne, egli dimostrava tutta la sua generosità e umiltà. A un parrocchiano scandalizzato perché una vecchietta man- dava lui, prete, a fare piccole commissioni, p. Otieno ricordò che, “Sono venuto qui per servire e per aiutare nelle piccole cose”. Umiltà e semplicità di cuore sono state le caratteristiche attraverso cui di p. Joseph ha comunicato l’amore di Dio e ha vinto il cuore della gente.» (P. Juan Pablo de Los Rios, IMC) L’UOMO DELLE PICCOLE COSE # A destra: gruppo internazionale di missionari in Mongolia, con il vescovo mons. Padilla ( 4° da sinistra ) durante un ritiro nel 2003. # In basso: p Joseph Otieno è il primo a sinistra, con lui è p. Defar Tamrat dall’Etiopia.
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