Missioni Consolata - Ottobre 2010
CANTON INTOLLERANZE E PROTESTE A «CHOCOLATE CITY» S e il maggior numero di coreani in terra cinese vive nel nord-est e in particolare nella metropoli commerciale di Dalian o le comu- nità di occidentali sono per lo più sparse tra Pechino e Shanghai, la comunità africana di più grandi dimensioni in Cina la tro- viamo nel profondo sud, a Canton, non distante dalla ex colonia britan- nica di Hong Kong. Sono più di 20.000 gli africani che vivono a Canton, centro economico e commerciale della provincia del Guangdong, conosciuta anche come la «fabbrica del mondo». In verità, secondo la polizia sono molti di più, perché molti dei residenti non sarebbero registrati o avrebbero un visto scaduto. Vivono nell’area che dai cinesi è chiamata «Little Africa» o «Chocolate City». Sono soprattutto giovani che arrivano da ogni parte del continente nero e sono per lo più dediti ad attività di commercio ed import-export con la Cina. Tramite Canton appunto, porto di impor- tanza pari a Shanghai, Hong Kong o Tianjin. Il 15 luglio del 2009 la comunità africana di Canton si è vista puntare ad- dosso i riflettori dei media di mezzo mondo, avendo inscenato la prima manifestazione di protesta ad opera di stranieri in Cina. Un numero im- precisato - tra le cento e le duecento persone - ha marciato di fronte ad una stazione di polizia per protestare contro le molestie subite dalla po- polazione nera e chiedere al governo nigeriano di intervenire. Lamanifestazione è stata organizzata a poche ore dallamorte di Emma- nuel Egisimba, un ragazzo nigeriano che si era lanciato dal secondo piano di un centro commerciale per sfuggire ad un controllo di polizia. Ferito, ma fuori pericolo, un altro ragazzo che era con Emmanuel. I due sono volati da un’altezza di diciotto metri. Discordanti sono state le ver- sioni della polizia e dei testimoni: secondo quanto riportato dagli agenti, Emmanuel, mercante di indumenti, non sarebbe morto sul colpo ma sa- rebbe rimasto gravemente ferito; l’altro, dedito al cambio non autoriz- zato di valute straniere, avrebbe invece riportato solo lievi ferite. Di certo è rimasta solo la protesta spontanea ed improvvisata del gruppo di africani, che si sono radunati fuori dall’ufficio di polizia, dove i due ragazzi sono stati trasportati. Già mesi prima, il Global Post aveva a lungo parlato dei problemi buro- cratici che la comunità africana stava avendo in Cina, specialmente nella provincia del Guangdong. A ridosso delle celebrazioni per il ses- santesimo anniversario dalla fondazione della Repubblica popolare ci- nese (primo ottobre 1949), i controlli si stavano facendo più serrati da parte delle autorità ed ottenere un visto (o un’estensione di permesso di residenza) era sempre più difficile. Per questo molti commercianti afri- cani a Canton hanno scelto la via dell’illegalità, suscitando un inaspri- mento delle pene (imprigionamento e multe salatissime) su tutta la co- munità africana. Con le conseguenze anche più drammatiche, come nel caso di Emmanuel Egisimba. A volte sono i soliti luoghi comuni o l’intolleranza a sfavorire gli africani di Canton. «Forse qualche cinese pensa che gli africani non siano brava gente. Non vogliono troppi africani nel loro paese» ha detto Chuks Nwafor, commerciante di indumenti, ai microfoni del Global Post . E chi ha un visto scaduto o qualche problemino con la legge finisce per chie- dere aiuto ai leader religiosi. Padre James, nigeriano in Cina dal 2004, è uno di quelli che offre protezione ai giovani africani di Canton: una via di mezzo tra pastore e operatore sociale. Nelle chiese protestanti della Cina comunista la comunità africana si sente quasi a casa: «Questo è l’unico posto dove ci sentiamo completa- mente al sicuro» racconta Austin Jack, commerciante nigeriano di 27 anni, «una volta che lasci la chiesa sai che può accaderti di tutto». Daniele Massaccesi CINA 8 MC OTTOBRE 2010 Guinea, Mauritania e Sierra Leone riconosceranno una sola Cina, ovvero quella Popolare, a discapito della nazionalista Taiwan. Lo stesso Mao Zedong riceverà il presidente della Tan- zania Julius Nyerere nel 1974; sono anni nei quali il governo ci- nese investiva in infrastrutture come strade, ferrovie, ospedali e scuole nel continente nero, in nome di alleanze politiche ed economiche con i «paesi amici». CINA-AFRICA, RECIPROCA SCOPERTA Dopo un periodo di stallo, è sul finire dell’anno 2000 che i rap- porti tra la Cina (oramai comple- tamente trasformata dopo l’e- poca di riforma e apertura) ed i paesi africani registrano un de- ciso rilancio, grazie all’istitu- zione del «Forum Cina - Africa» (1) . A Pechino l’incontro avviene nel 2000 e nel 2006, con la partecipazione di oltre 40 de- legazioni africane. Se a Bandung i temi predominanti erano stati il neutralismo ed il terzomondi- smo, a quarantacinque anni di distanza gli obiettivi sono evi- dentemente cambiati. Tra i dieci punti stilati tra le nazioni pre- senti, si legge che «paesi con di- versi sistemi sociali, livelli di svi- luppo, valori e contesti storico- culturali hanno diritto di sce- gliere ciascuno il proprio ap- proccio e modello di promozione e protezione dei diritti umani» (2) .
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